Morte del Carabiniere Giuseppe Passarelli: chiesta la riapertura delle indagini
Trovato in fin di vita in circostanze misteriose a Cassano Jonio 28 anni fa, morì all’ospedale di Cosenza. Dopo tre archiviazioni, i familiari non credono al suicidio

COSENZA - «Verità e giustizia per Giuseppe Passarelli». A distanza di 28 anni dalla tragica morte del carabiniere lucano, l’amministrazione comunale di Rotondella e le associazioni che aderiscono al Patto Civico per la legalità, la sicurezza e lo sviluppo del territorio del Metapontino, riaccendono i riflettori sulla vicenda. La richiesta di far luce sulla tragica morte arriva anche dalla famiglia che da sempre si batte per chiedere verità su quanto accaduto al giovane carabiniere di Policoro trovato in una stanza della caserma di Cassano allo Jonio. I giudici stabilirono che si trattò di suicidio. Ma la versione non ha mai convinto i familiari.
«Qualcosa è stato nascosto»
Angela e Antonio Passarelli, rispettivamente sorella e padre di Giuseppe, due anni fa avevano sollecitato una riapertura delle indagini dai microfoni della Tgr Basilicata.
«Non si è mai controllato – spiega la sorella – se il terriccio sulla divisa appartiene a un luogo adiacente alla caserma, visto che i suoi commilitoni hanno detto che è stato trovato in caserma, sollevato di peso e poi trasportato in ospedale. Nessuno, fino a oggi, ha avuto il coraggio di prendere la divisa e farla analizzare. Sulla divisa di mio fratello c’è la verità ma nessuno vuole leggerla: chiunque capirebbe che mio fratello è stato ucciso». «Sulla sua pistola – aveva sostenuto Angela Passarelli – non ci sono impronte digitali o tracce di polvere da sparo, qualcosa è stato nascosto». Il padre Antonio ricorda che Giuseppe «diceva di essere orgoglioso di indossare la divisa: neanche due settimane e si è sparato, ma stiamo scherzando? Hanno ucciso mio figlio, la divisa e tutta la famiglia. E non è stato ucciso in caserma».
Il cold case e l’appello
Il 24 marzo 1997, il militare originario di Policoro, venne trovato con una ferita di pistola alla nuca in una stanza della caserma di Cassano allo Ionio, dove era stato trasferito da poche settimane. Il carabiniere morì dopo poche ore all’ospedale Annunziata della città dei bruzi. L’inchiesta aperta dalla procura di Castrovillari si chiuse con una archiviazione attribuendo il decesso ad un caso di suicidio. La procura ha riaperto il caso altre due volte, ma il verdetto è rimasto immutato. In occasione dell’incontro pubblico svoltosi lo scorso 30 agosto, organizzato dal Circolo Arci La Tarantola, Spi Cgil Matera e Rete degli Studenti Medi, nella biblioteca comunale “Prof. Mario Dimatteo” di Rotondella, la famiglia ha chiesto nuovamente la riapertura delle indagini per accertare la responsabilità dei fatti, dando importanza ad alcuni dettagli, tra cui la massiccia presenza di terriccio sulla divisa.
Un appello che oggi è rilanciato dal Comune della provincia materana e da tante associazioni locali: «L’Amministrazione comunale lancia un appello alle istituzioni, ai comuni vicini e all’opinione pubblica, affinché si faccia luce su quanto accaduto – è scritto in una nota -. Chiediamo che vengano riprese le indagini e che ogni pista, anche la più remota, venga esplorata per restituire dignità alla memoria di Giuseppe e per dare risposte concrete ai suoi cari e alla comunità. Ci uniamo compatti al grido di verità e giustizia che da anni risuona in Basilicata». (f.b.)
fonte: corrieredellacalabria.it