Estorsioni alle imprese sui cantieri del Terzo Megalotto: retata dell'Antimafia
Sei misure cautelari eseguite dalla Dia con il coordinamento della Procura distrettuale antimafia. Indagini partite dalla denuncia di un’impresa vittima di estorsione
CATANZARO - La Direzione Investigativa Antimafia (Dia) di Catanzaro, con il coordinamento della Dda di Catanzaro, ha dato esecuzione all’ordinanza di misura cautelare in carcere, emessa dal gip, nei confronti di 6 soggetti, sulla base della ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, in ordine ai delitti, rispettivamente, di concorso, a vario titolo, in estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiose, nonché di istigazione alla corruzione.
Il provvedimento, emesso su richiesta della Dda di Catanzaro, scaturisce dalle articolate indagini, svolte dal Centro operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, avviate sulla base della denuncia presentata dal legale rappresentante di un’impresa di costruzioni, vittima di una richiesta estorsiva di 150.000 euro, pari al 3% di un appalto dal valore di 5 milioni di euro.
L'inchiesta non riguarda il contraente dell'opera Webuild, società, hanno sottolineato fonti investigative, sempre collaborativa con le forze dell'ordine nel fronteggiare i tentativi di infiltrazione delle cosche nei lavori dell'opera.
Le condotte contestate si inseriscono nell’ambito degli interventi di edilizia pubblica funzionali alla grande opera di costruzione del cosiddetto “Terzo Megalotto” della Statale 106, rispetto alla quale, stante la rilevanza dell’opera e il contesto territoriale, storicamente soggetto all’influenza della criminalità organizzata, è elevata l’attenzione, garantendo un costante monitoraggio delle dinamiche criminali in atto.
In particolare, le attività investigative sono state supportate da intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, corroborate dall’analisi di una vasta mole di documentazione fiscale, bancaria e amministrativa. Gli esiti di indagine hanno permesso di delineare, nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, il sistema di pagamento estorsivo e di identificare i soggetti coinvolti, ossia il reggente della cosca Abbruzzese, gli intermediari tra la cosca e le vittime, i gestori delle società interessate.
Nello specifico, i risultati investigativi, accolti nella ordinanza cautelare, hanno consentito di ricostruire la vicenda estorsiva, a livello di gravità indiziaria, nel senso che le somme richieste venivano ricavate tramite sovrafatturazioni messe in atto da ditte “colluse”, con l’utilizzo di documentazione falsa che simulava consegne di materiali e prestazioni di servizi sovradimensionate, così da contenere, ab origine, la quota parte destinata al pagamento dell’estorsione, che sarebbe confluita nelle casse della cosca di ‘ndrangheta Abbruzzese di Cassano all’Ionio.
È stato inoltre delineato, sul piano cautelare, il reato di istigazione alla corruzione a carico di uno degli indagati, che avrebbe promesso al capocantiere di una società a partecipazione statale appaltante dei lavori, incaricato di pubblico servizio, una somma di denaro pari a 20.000,00 euro affinché falsificasse i certificati di stato avanzamento lavori (Sal) relativi allo smaltimento dell’acqua da parte dell’azienda incaricata. Contestualmente alla misura cautelare personale, è stato disposto il sequestro preventivo (ex art. 321 c.p.p.) di tre società e dei relativi complessi aziendali, ritenuti strumenti funzionali alla commissione delle attività illecite.