Vicenda Fincalabra, il danno erariale non è attribuibile all’ex presidente Mannarino
È quanto emerge dalla lettura della sentenza della Corte dei Conti che in appello modifica la sentenza di primo grado. La perdita di oltre 1,5 milioni causata dal disinvestimento dei neo amministratori
ROMA – Vicenda Fincalabra, il danno erariale di oltre 1,5 milioni di euro direttamente derivante dal repentino smobilizzo delle risorse precedentemente investite, deliberato senza tenere in alcuna considerazione risultanze e documenti inviati alla Società in house della Regione Calabria dalla Banca Widiba, non può essere considerata diretta conseguenza delle scelte operate dall’ex Presidente Luca Mannarino, già illegittimamente rimosso dall’allora Governatore Mario Oliverio prima del citato disinvestimento e per il quale l’ex Presidente della Regione Calabria è a processo per abuso d’ufficio.
È quanto emerge dalla lettura della sentenza della Corte dei Conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’appello che, accogliendo la tesi difensiva di Mannarino relativamente alla causazione del danno erariale, per il quale in primo grado l’ex Presidente di Fincalabra Spa era stato condannato al risarcimento di 1.558.081,14, chiarisce che: sebbene la scelta a monte (l’investimento deliberato ad agosto 2015 dall’ex Presidente Mannarino con l’obiettivo di ricostituire i conti correnti della Finanziaria regionale) non fosse in linea con i vincoli derivanti dagli obiettivi individuati dalle disposizioni di settore, non necessariamente la scelta conseguenziale (ovvero quella attribuita al subentrato Presidente Salvino) deve essere orientata a cagionare un nocumento erariale, piuttosto che ad evitarlo e/o limitarlo; né necessariamente dalla causazione di un fatto/atto contra legem deve derivare necessariamente ed automaticamente un danno erariale (come correttamente evidenziato dalla difesa di Mannarino). Infatti – si legge a pagina 15 della sentenza d’appello – era ben noto ai nuovi amministratori (Salvino), in quanto ben edotti dalla società Widiba, che il disinvestimento immediato avrebbe cagionato una perdita immediata sul capitale investito; la scelta effettuata dall’ex Presidente Mannarino ha comportato l’accettazione di un rischio non previsto in relazione alle esigenze legate alla gestione dei fondi in questione, ma non necessariamente ed aprioristicamente volto alla causazione di un danno erariale.
I fatti ed i numeri.
2014/2015 – A seguito di partecipazione alla selezione pubblica per titoli, Mannarino è nominato Presidente del CDA di Fincalabra Spa, per tre esercizi e con scadenza alla data dell’Assemblea, convocata per l’approvazione del bilancio relativa al terzo esercizio della carica. Il neo Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio attiva la procedura di spoil system e Mannarino viene dichiarato decaduto dalla carica. Quest’ultimo presenta quindi ricorso al TAR che, sollevata la questione di legittimità costituzionale, rimette gli atti alla Consulta e, previa sospensione del provvedimento della Regione Calabria, reintegra di fatto Mannarino nelle funzioni di presidente del CDA di Fincalabra; decisione confermata anche dal Consiglio di Stato che rigetta l’appello presentato dalla Regione Calabria. Nonostante ciò, a novembre del 2015, Mannarino si vede recapitare una lettera a firma Oliverio con la quale lo si mette al corrente della sua rimozione dalla carica di Presidente e componente del CDA (che si sarebbe maturata solo alla fine del triennio), con successiva nomina in sua vece di Carmelo Salvino, sulla base di una interpretazione dello Statuto regionale, confermata come assolutamente distonica rispetto al dettato normativo e forzata.
2016 – Subentrato a Mannarino, il neo Presidente Salvino il 23 gennaio 2016 adotta la decisione formale e definitiva di disinvestimento da parte di Fincalabra, smobilizzando i fondi depositati presso i conti correnti della Banca Widiba. Ciò avviene a seguito di diverse interlocuzioni di Fincalabra con lo stesso istituto bancario il quale evidenzia come lo smobilizzo comporterebbe una perdita di 858.831,00 sul capitale investito nei fondi e l’obbligo di corrispondere la somma di euro 685.111,34 a titoli di commissione per l’uscita anticipata, per un totale di 1.558.081,14 euro (corrispondente al danno erariale finale contestato). In particolare, la Banca Widiba relaziona evidenziando che, se il disinvestimento venisse effettuato in data 31.12.2016 lo stesso produrrebbe un differenziale positivo, rispetto a quello effettivo, pari a 1.547.229,23). Al momento della rimozione illegittima di Mannarino, gli strumenti finanziari sottoscritti da Fincalabra nell’ambito della citata gestione della tesoreria (strumenti successivamente smobilizzati dalla presidenza Salvino) avevano prodotto un rendimento netto pari a 578.227,67 euro. L’iniziativa di Salvino (il disinvestimento da cui dipende direttamente il danno erariale contestato) è stata portata avanti, tra l’altro, senza chiedere il relativo parere al comitato degli investimenti del Fondo Unico di Ingegneria Finanziaria (FUIF), unico organo deputato a stabilire l’opportunità o meno di quella operazione.
2020 – Per la revoca di Luca Mannarino dalla carica di Presidente del CDA dell’ente in house della Regione Calabria, l’ex Governatore Mario Oliverio viene rinviato a giudizio dal Tribunale di Catanzaro per violazione degli articoli 97 e 54 della Costituzione (dovere di imparzialità dell’amministrazione e dovere di adempiere con disciplina ed onore l’esercizio di funzioni pubbliche); della legge 241 del 1990 (obbligo di adottare provvedimenti amministrativi motivati sulla base dell’istruttoria svolta) e dello Statuto di Fincalabra nella parte in cui stabilisce che i consiglieri rimangono in carica quanto il consiglio di cui sono entrati a far parte (non essendo ammesse scadenze scaglionate nel tempo dei componenti del CdA). Adottando quel provvedimento in modo intenzionale, pur dopo il venir meno (per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale) del sistema dello spoil system che aveva determinato il primo provvedimento di destituzione di Mannarino, l’ex Presidente della Regione Calabria – si legge nel decreto dispositivo del giudizio – procurava a Mannarino (che si è costituito anche parte civile) un danno ingiusto, consistente nelle retribuzioni non percepite per il periodo in cui vi avrebbe avuto diritto, oltre al danno curriculare; pregiudizio da considerarsi ingiusto poiché la rimozione era attuata col deliberato scopo di perseguire quelle finalità privatistiche che collocano l’esercizio della funzione in violazione dei criteri di imparzialità e di buon andamento dell’attività amministrativa, nella specie con la specifica volontà di rimuovere in soggetto sgradito.