Dopo 76 giorni di durissimo lockdown a cui era stata sottoposta, Wuhan, primo focolaio del virus, ritorna a essere “libera” allo scoccare della mezzanotte dell’8 aprile
Treni e autobus decorati a festa, giochi di luce che abbagliano i grattacieli della città, clacson e rombi dei motori risuonano tra le strade: Wuhan torna a respirare la sua “libertà”. La quarantena, senza precedenti nella storia, di 11 milioni di persone chiuse al mondo esterno, è ufficialmente finita dopo non aver più registrato nuovi casi e decessi a causa del virus. Certo è che non tutto è tornato come prima e i controlli rimarranno rigidissimi per evitare una seconda ricaduta. Le condizioni dei singoli cittadini, infatti, verranno verificate attraverso un codice fornito da che indica l’indirizzo di residenza, i viaggi effettuati di recente, la storia medica del paziente e per poter procedere negli spostamenti, bisognerà aspettare il verde; un vero e proprio semaforo. E mentre Wuhan, dalla mezzanotte, festeggia la propria rinascita, dall’altra parte del mondo continua il paradosso marziano: le piazze vuote e le case piene. Miliardi di persone in tutto il mondo privati, ora, di lavorare, incontrarsi, di coltivare i propri affetti più cari. Tutti in attesa del bollettino delle 18 per ponderare le curve dei numeri, sperare in una “riduzione dell’incremento” e sorridere. Ci si accontenta di poco, pendendo dalle labbra dei medici, scienziati che sembrano essere i nocchieri in questo mare nero. Eppure, nonostante quell’incessante e democratico «restate a casa», si contano migliaia di morti; un numero intollerabile. Ma quanti sono davvero? Chi ha sofferto, chi ha visto soffrire chi amava, non c’è differenza, se ne sono andati in solitudine, senza stringere il conforto di una mano che non fosse quella del medico. Non si attende solo un picco in questa drammatica storia: il primo è quello dell’evoluzione dell’epidemia che si attende di valicare presto. Ed ecco il secondo, metaforico, che risuona imperterrito nelle menti di tutti, cioè la sicurezza che la vita dopo sia garantita. Quella sicurezza di ritrovare il lavoro che avevano, nonostante l’impegno del governo di garantire che «nessuno perderà il lavoro dopo il virus». Quanto potrà durare tutto questo? Quando potremo essere anche noi Wuhan? Al momento, l’unica certezza è che tutti rimarranno nelle proprie case per i prossimi giorni, e chissà quanti altri, con la limpida speranza futura di uscire dal tunnel e vedere la luce, tanta luce, così come lo è stato a Wuhan, distante, ma mai così vicino.