Tutte le attrezzature per allestire le terapie intensive sarebbero indisponibili sul mercato.
L’arruolamento di 20mila nuove figure sanitarie (5mila medici, 5mila operatori socio-sanitari e 10mila infermieri con contratti di almeno due anni), che saranno assunte scorrendo le graduatorie e attingendo dagli elenchi delle figure neo specializzandi per rimpinguare gli organici ospedalieri, assomiglia molto ad uno di quei precetti che i governi adottano in momenti di guerra. E in realtà siamo in guerra, contro quel nemico invisibile chiamato Coronavirus che si manifesta all’improvviso. Bisogna essere preparati e avere abbastanza soldati (il personale sanitario, appunto) e gli strumenti per combatterlo. L’allarme lanciato appena ieri dal presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, non è assolutamente da sottovalutare e riguarda proprio la Calabria che risulta, insieme al Molise, l’unica regione italiana incapace, al momento di combattere il virus. Nelle ultime ore il governo ha liberato tutte le risorse necessarie per far fronte ad un’emergenza storica e ha detto alle Regioni di spendere tutto il necessario per farsi trovare pronte. E lo ha detto anche alla Calabria che per la prima volta da 13 anni a questa parte non avrà problemi di risorse in ambito sanitario. Ed è così che a breve dovremmo avere più medici nelle strutture e non è detto che anche molti ospedali soppressi a seguito del piano di rientro vengano riaperti, anche straordinariamente, per porre un freno all’avanzata del nemico Coronavirus. Ma basterà? Probabilmente no. Perché siamo in estremo ritardo. A quanto pare, infatti, gli uffici del dipartimento regionale della salute e quelli delle Azienda sanitarie regionali nelle ultime ore stanno letteralmente impazzendo per reperire gli strumenti medicali (letti, respiratori artificiali, etc…), oltre ai presidi minimi generici perché sono irreperibili. Ma se mascherine, camici e visiere di cui dotare medici, infermieri e operatori sanitari potrebbero essere presto in arrivo, il vero dilemma è rimpinguare i posti di terapia intensiva. In Calabria ce ne sono appena 107, di cui solo 29 in provincia di Cosenza e di questi appena 4 nello spoke di Corigliano-Rossano. «Se l’epidemia dovesse arrivare qui – ci dice un operatore sanitario che ha voluto preservare la sua identità – non sappiamo come affrontarla. Servirebbero più posti di terapia intensiva (almeno 10 a Corigliano-Rossano) oltre che si potrebbero attivare i presidi chiusi di Trebisacce e Cariati, allestendoli con la strumentazione necessaria per far fronte all’emergenza». Insomma ad oggi, rispetto a ieri, le soluzioni ci potrebbero pure essere. Però, come sempre, alla Calabria e principalmente all’area ionica della Sibaritide manca sempre quel centesimo per arrivare all’euro. Dov’è il problema? «Non si riescono a reperire gli strumenti medicali. Da nessuna parte». Pare, infatti, sia praticamente impossibile acquistare letti, respiratori meccanici e tutto il necessario per allestire la terapia intensiva perché i fornitori ne sono sprovvisti. Buona parte di questa strumentazione, infatti, viene prodotta in Cina e al momento il grande paese dell’est, da dove è partito il virus, considerata l’emergenza interna, non può soddisfare le esigenze produttive per l’export. In pratica, siamo “pieni di soldi” da investire in salute ma non possiamo spenderli perché gli scaffali del supermercato della sanità si sono svuotati.
Marco Lefosse