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Corigliano-Rossano, dal matrimonio di interessi all'interesse per il matrimonio

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Dal “matrimonio di interessi” agli “interessi per il matrimonio”. In tema fusione dei comuni Corigliano-Rossano, proprio per fare il punto “tecnico”, dopo i pareri dei presidenti dei consigli comunali, abbiamo ascoltato Luciano Gallo, rossanese, giovane avvocato cassazionista, dottore di ricerca in Diritto pubblico presso l’Università di Firenze, nonché collaboratore dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani). Proprio perché rossanese – quindi prettamente interessato all’idea – e consulente dell’Anci, Gallo ha illustrato quelli che sono i “pro” di un’operazione del genere. «Entro con piacere nel dibattito sulla fusione fra i due comuni jonici alimentato dall’appello delle associazioni locali e dai presidenti dei due consigli comunali in vista delle imminenti annunciate deliberazioni, sottolineando alcuni punti fermi. L’iniziativa “popolare” lanciata dalle 100 associazioni è un elemento rilevante per la valorizzazione del principio della partecipazione popolare, tanto più in un clima di disaffezione dei cittadini rispetto alle istituzioni pubbliche; questo percorso attua una delle norme “chiave” per i comuni (art. 3 Testo unico degli enti locali, il cui 2° comma stabilisce che “il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo”), poiché all’esercizio delle funzioni comunali com-partecipano i cittadini, singoli e associati. Il progetto di fusione – prosegue Gallo – si inserisce nella stagione delle riforme istituzionali in atto (revisione del Titolo V della Costituzione, attuazione della legge Del Rio e riforma della Pubbliche amministrazioni, ndr) ed è disciplinato dal legislatore ». Gallo, a seguire, considera alcuni elementi di “metodo” e “merito” in ragione degli effetti – irreversibili – derivanti dalla fusione che, «se non valutati adeguatamente – evidenzia – potrebbero incidere negativamente sul percorso avviato per le ragioni e per il conseguimento degli obiettivi auspicati, condivisibili e ben articolati nell’appello delle associazioni promotrici». «In primo luogo – prosegue Luciano Gallo – i cittadini chiamati alla “tornata referendaria” dovrebbero essere messi nella condizione di conoscere, oltre alle rivendicazioni propriamente politiche, le finalità di interesse generale da conseguire e gli effetti conseguenti alla fusione. Inoltre, i consigli comunali potrebbero legittimamente indicare mere ragioni “politiche” ma, in ogni caso, gli effetti saranno comunque irreversibili per gli enti locali originari e per le relative comunità». Il consulente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, specifica come fra le ragioni che spingono verso la fusione, ci può essere la “convenienza”, dettata dall’intercettazione di contributi speciali, oppure dalla maggiore rappresentatività del territorio. «Da qui la metafora del “matrimonio di interessi” – dice ancora –. Questo è, a mio avviso, però, il punto debole dell’attuale lodevole iniziativa alla quale occorre porre tempestivo rimedio. Con la fusione, i due comuni “gemmano” un nuovo ente (i municipi sarebbero mere articolazioni funzionali del nuovo ente), dal quale verrebbero “cancellati” in modo irreversibile. Da qui la proposta dell’inversione del metodo di lavoro: partire dagli interessi dei due comuni a “fondersi” per arrivare al “matrimonio”». «Come in altri casi – è ancora il pensiero di Gallo – il procedimento di fusione dovrebbe essere subordinato all’elaborazione di uno studio di fattibilità, che possa consentire ai cittadini di prestare un “consenso informato” ed agli enti di deliberare, dopo aver esplicitato, su base scientifica, il contesto di riferimento, inteso in senso ampio; gli impatti della fusione sull’organizzazione dei due comuni e sui relativi servizi per come fino a quel momento garantiti; l’analisi del rapporto fra costi/benefici (di norma le fusioni mirano alla razionalizzazione degli enti, con conseguenti impatti sul personale); infine, individuare gli indirizzi strategici ed i connotati identitari da dare al nuovo ente e da mettere a base di un vero e proprio progetto di sviluppo». Prima di arrivare al “matrimonio”, è consigliabile, secondo l’esperto in materia, verificare la fattibilità della fusione attraverso la sperimentazione di forme di collaborazione fra i due enti, «utilizzando gli strumenti disponibili (accordi fra Pubbliche Amministrazioni ex art. 15 della legge 241/1990). Ad esempio, in materia di programmazione turistica congiunta (si pensi al Festival MI.TO dei comuni di Milano e Torino o al festival itinerante della taranta salentina) o, ancora, in materia di efficientamento energetico, il progetto Paride che interessa 37 comuni della Provincia di Teramo». Se il matrimonio “s’ha da fare”, dunque, sempre meglio testare l’affinità in un periodo di “fidanzamento”.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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