Quanto sia grave il fatto che nello Spoke di Corigliano-Rossano non sia più operativo il reparto di Cardiologia, probabilmente
è un dato sfuggito a molti.
Quantomeno a chi dovrebbe fare qualcosa e non la fa. Parliamo di cose concrete e reali. Se malauguratamente, in questo momento,
un qualsiasi cittadino della “grande Sibaritide” dovesse avere un problema di natura cardiaca da uno scompenso ad un’aritmia, da una pericardite per finire ad un infarto,
non sa dove andare.
Siamo nel più totale stato di emergenza. E questo perché, dopo il trambusto delle ultime ore, che si è consumato tra comunicazioni interne e comunicati stampa, non è cambiato un bel nulla:
il reparto rimane chiuso e con esso, a parte i quattro posti letto di osservazione, rimane clamorosamente serrata anche l’unità di terapia intensiva cardiologica. Cioè, quel ramo di Cardiologia che è vitale per la sopravvivenza dell’utente colpito da patologia cardiaca. Quindi, se
fino a settimana scorsa un cittadino colto da infarto veniva portato d’urgenza al presidio “Giannettasio” di Rossano e qui soccorso, stabilizzato e, poi, - se necessario –
trasferito in un centro specializzato e fornito di unità coronarica; oggi il malato cardiologico con patologia media o grave deve essere “trasferito d’ufficio” e direttamente in un altro centro che sia Castrovillari o addirittura Catanzaro. Ammesso che ci arrivi, considerato che nel caso di un infarto la tempistica di intervento è pressoché essenziale, se non addirittura vitale. Nel frattempo, però,
la vicenda che è di una gravità inaudita rischia di passare nuovamente in cavalleria e sulle teste dei cittadini (tranne che su quelli che per la contingenza sfortunata dovessero capitarci sotto). Nel silenzio di tutti.
La cosa più vergognosa, infatti, è che nelle ore successive alla chiusura dell’unità operativa da parte del direttore sanitario, avvenuta a seguito dell’ennesima comunicazione del primario sulle condizioni di precarietà strutturale ed igienico sanitarie del reparto (una storia che va avanti da mesi se non addirittura da anni),
si è pensato solo alla spartizione dei posti letto e della ricollocazione del personale medico. Addirittura, lo stesso responsabile del Pronto soccorso di concerto con il direttore sanitario dello Spoke,
ha pensato bene di “prendersi” tre medici e spostarli nel pronto soccorso di Corigliano, insieme ad altre strumentazioni medicali. Dalla chiusura al saccheggio
Insomma,
approfittando della pestilenza ognuno ha fatto razzia di quello che si poteva saccheggiare. E delle condizioni del reparto di Cardiologia?
Non gliene è fregato praticamente niente a nessuno. Solo a distanza di giorni dalla chiusura, durante un incontro operativo convocato dal vertice dell’Asp di Cosenza, dove (casualmente e chissà perché) mancavano proprio il direttore sanitario dell’ospedale di Corigliano-Rossano ed il primario di Pronto soccorso, si è pensato di prendere in considerazione la possibilità di allocare tutto il necessario, per far
sopravvivere il reparto di Cardiologia, al quarto piano del “Giannettasio”. Cioè, due piani più sopra rispetto alla sistemazione attuale. E la soluzione più logica e naturale, quindi, è arrivata solo dopo
la levata di scudi della politica locale e del Sindaco Stasi che, su questo fronte è stato deciso e risoluto e ha fatto quello che avrebbe dovuto fare un sindaco: tirare dal cravattino tutte le parti in causa. Tutto questo, in attesa che vengano operati i lavori di manutenzione, che – da quanto se n’è saputo – non necessiterebbero né di tempi lunghi, tantomeno di grandissime risorse.
Sarebbe servita e servirebbe ancora solo un po’ più di buona volontà. E basta. Purtroppo, però, senza
nascondere la cenere sotto il tappeto, bisognerebbe appurare se dietro a questo ennesimo misfatto a danno del servizio sanitario ci sarebbero ragioni opportunistiche, personali e finanche di campanile. Perché
ci si preoccupa tanto di una “non notizia” sulla improbabile chiusura di uno dei due presidi ospedalieri che compongono lo spoke di Corigliano-Rossano. Quando poi non si riesce a focalizzare attenzioni e incazzature attorno ad una conclamata situazione di incapacità gestionale come quella capitata dopo la chiusura “forzata” del reparto di Cardiologia. Ed in questo ambaradan bisogna fare anche ammenda di un fatto:
in questo caso non c’entra nulla prendersela con la “mano longa” delle forze che agiscono contro il territorio. Purtroppo, la questione di Cardiologia è l’esempio lampante di un autolesionismo pauroso prodotto per contrasti e litigi interni. È proprio vero,
siamo in braccio a Maria e a pagarne le più gravi conseguenze sono i cittadini, sempre più ignavi di tutto.