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Bucita non è solo discarica, le saline di Valimonte parte dell'antica economia rossanese

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di SAMANTHA TARANTINO La vallata di Bucita (nella foto dall'alto) nel comune di Rossano nasconde nella sua storia e origine molto più di ciò che oggi purtroppo mostra. Un sottosuolo ricchissimo di salgemma, un bene prezioso che ne confermò l’importanza strategica, permettendo una frequentazione del sito, dalla prima età del ferro fino ad oltre il X secolo d.C. L’ager bonus lungo il torrente Coserie era noto per essere un pianoro molto fertile, dall’aria salubre e dall’acqua limpida. E qui le miniere di sale di Valimonte, precisa il geologo Tonino Caracciolo furono sfruttate fino a poco tempo fa, quando ancora il sale era monopolio di Stato ed i cosiddetti ladri di sale erano soliti saccheggiare il bene biancastro e rivenderlo, magari a peso d’oro. La toponomastica riporta il nome Cozzo delle saline, segno quindi che il montarozzo era molto conosciuto e che probabilmente per questo motivo l’area densamente popolata. Ne è convinto l’archeologo Armando Taliano Grasso che sull’area di Bucita ha pubblicato molti studi. Cozzo del Casale, di fronte alle saline è il luogo in cui sono stati ritrovati più strati di insediamenti di epoca greca, romana, bizantina. Lo studioso sottolineando che tra Bucita e Castiglione di Paludi ci siano solo poco più di 4 km, parla di un’anomalia insediativa, in quanto storicamente è difficile trovare due abitati della stessa epoca a distanza così ravvicinata. Eppure quest’area fu densamente abitata e per lungo tempo. E come spesso accade mancano documenti che potrebbero mettere in luce questa parte della storia di Rossano. Si potrebbe ad esempio legare la storia delle saline al fondaco ed alla banchina e parlare di un’economia della Rossano antica e magari cominciare a ricostruire la storia del sale di Rossano e di questa ulteriore identità. Ed invece, quest’area oggi è tristemente conosciuta in quanto ospita la parte più oscura, quella che nessuno vuole vedere, ma seppur fondamentale di un territorio. Una discarica. E di quell’ager bonus e del sal di monte qualcosa resta, almeno negli scritti. “Al di là del Cuserie v’è una ricca miniera, di sal di monte, che fu amministrata a norma della Prammatica De Officiis regiae majestatis, fino al 1810, quando venne chiusa per ordine del governo”. Ciò riporta il cavalier de Rosis nel suo Cenno Storico della città di Rossano e delle nobili origini. Dall’antico scritto si apprende inoltre che il bosco di Bucita era chiamato così dal nome di un antico casale sotto l’amministrazione di Rossano di proprietà del Barone Ruggero Amarelli e poi del Barone Angoise. La storia racconta poi di una decadenza dei casali di Bucita e Valimonte di conseguenza allo sfruttamento effettivo delle saline fino al XIX secolo che portò ad un incremento di popolazione della vicina Paludi. Bucita quindi è molto altro, servirebbe solo conoscere.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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