di DAMIANO MONTESANTO Piccoli comuni in fibrillazione per l’incalzare della legge Delrio sulle unioni e sulle fusioni. Si contesta in particolare il
teorema che unione o fusione siano la panacea dei mali che affliggono i piccoli comuni. I quali in realtà sono la stragrande maggioranza dei comuni italiani e certamente tra i più virtuosi. Di questo sono convinti gli
amministratori dei comuni del basso Jonio-Sila Greca. Quello che si contesta, in particolare, è che l’unione di servizi o la fusione tra piccoli comuni siano di per sé elemento positivo, a prescindere dalle condizioni date. Per passare dalla teoria alla pratica,
che senso avrebbe mettere insieme due o più servizi di comuni diversi, o
fondere due o più comuni, l’uno virtuoso e l’altro sull’orlo del dissesto? Che senso avrebbe mettere insieme il servizio della nettezza urbana, se un comune fa il sessanta per cento di differenziata e l’altro non l’ha nemmeno cominciata? Se uno fa la raccolta porta a porta e l’altro si affida ai cassonetti traboccanti sparsi nelle vie del paese?
La verità è che se si mettono insieme un comune efficiente e virtuoso con un altro, le cui uniche virtù sono l’immobilismo, l’inefficienza e i conti in disordine, quest’ultimo contagerà il comune efficiente con l’unico risultato che alla fine ci sarà un solo comune, che sommerà le inefficienze di entrambi. Per non parlare degli apparati burocratici di cui spesso gli amministratori sono prigionieri e vittime.
Da sempre sostenitori della autonomia e contrari alle unioni-fusioni forzate, o imposte o decretate per legge,
i sindaci del Basso Jonio hanno fatto sentire la loro voce nei vari consessi tra i quali
l’assemblea nazionale dei piccoli comuni italiani, tenuta lo scorso anno nel comune di Calopezzati, e la manifestazione davanti ai palazzi del potere, a Roma, nel settembre del 2014. Sull’argomento è molto chiaro
Luigi Stasi, sindaco di
Longobucco, che non ci sta a mettere in discussione i positivi risultati raggiunti dalla sua amministrazione, nel campo dell’efficientamento energetico, della differenziata, delle valorizzazione delle risorse boschive, della spesa pro-capite. Non si tratta di egoismo, ma solo di non subire prevaricazioni da parte di chi si illude di sanare i bilanci e l’economia facendo ricadere il peso sui piccoli comuni, lasciando inalterata la legislazione sui grandi che sono la vera origine dello spreco. Che senso avrebbe, continua Stasi, da noi unire due comuni distanti tra loro e con le vie di comunicazione che ci troviamo all’interno?
Questo non vuole significare che non ci deve essere collaborazione tra i comuni, ma soltanto che vanno compiute quelle operazioni e/o accorpamenti di servizi e/o di funzioni che risultano veramente necessari e rispondono alle esigenze di economicità, funzionalità e interesse delle amministrazioni contraenti, che nessuno può o deve imporre. Su stessa lunghezza d’onda si attesta il neo Sindaco di
Campana,
Agostino Chiarello, consapevole dei ritardi del suo comune e per questo seriamente impegnato a raggiungere quei parametri che gli consentirebbero di valorizzare le sue risorse, anche identitarie, facendone un luogo di richiamo per visitatori alla ricerca di natura, cultura e storia. Anche i sindaci di
Bocchigliero, Pietrapaola e Mandatoriccio, rispettivamente
G.G. Santoro, Luciano Pugliese, Angelo Donnici, che ultimamente stanno operando sforzi per rendere servizi sempre migliori ed efficienti - gli ultimi due non solo nel centro storico ma anche nelle rispettive zone a mare - sono
fortemente impegnati a non cedere sul fronte dell’unione o della fusione imposta, ma a ricercare quelle collaborazioni e intese da cui il territorio può trarre profitto e giovamento, nell’interesse delle popolazioni amministrate.
Sostenitore tenace dei piccoli comuni, non vuol sentir parlare di accorpamenti che sarebbero, a suo giudizio, letali per la democrazia e non risolverebbero il problema della spesa.
«Guardate il problema dei rifiuti - dice
Mauro Santoro sindaco di
Terravecchia - che attanaglia la regione; il governo ha nominato un commissario che ha fallito come gli amministratori regionali, ma a pagare sono i comuni che si ritrovano sulle spalle un problema che non possono risolvere: forse che senza i piccoli comuni il problema non esisterebbe? È solo follia pensare che possa essere così. Per non parlare di tanti altri campi. L’Italia è stata fatta per essere unita, ma ora qualcuno vorrebbe smembrarla, dimenticando che i comuni esistevano prima delle regioni
». Non manca chi, sottovoce, accusa i sindaci dei piccoli comuni di essere troppo attaccati alla fascia tricolore, affermando, che i valori di cui si dicono strenui difensori, possono essere salvaguardati anche facendo parte di una comunità più grande: e se fosse vero il contrario?