Occhiuto rilancia la Calabria come potenza energetica. E a Corigliano-Rossano c'è un sito che potrebbe tornare utile a questa visione
L’ex centrale Enel di Corigliano-Rossano ha spazi, reti e posizione strategica. Mentre il Governatore indica accumulo e stoccaggio come chiave della transizione, qui si continua a discutere solo di rattoppi e rinvii
CORIGLIANO-ROSSANO - Se qualcuno volesse capire davvero che cos’è oggi la transizione energetica in Calabria, più che partire da piani strategici e annunci, dovrebbe fermarsi davanti alla ex centrale Enel di Sant’Irene–Cùtura, a Corigliano-Rossano. Guardarla così com’è: enorme, affacciata sul mare, collegata alla rete energetica centrale del Paese, piena di spazi industriali. E chiedersi perché un luogo del genere, invece di essere al centro del futuro energetico regionale, stia lentamente scivolando verso il diventare un rottame industriale.
In questi giorni, attorno a quel sito, si è tornati a discutere. Un incontro tra sindacati, amministrazione comunale e Enel ha rimesso sul tavolo il tema del destino della centrale. Ma il perimetro del confronto, almeno finora, sembra fermarsi a soluzioni di galleggiamento: tamponare, prendere tempo, non perdere i posti di lavoro esistenti. Obiettivi legittimi, per carità. Ma che raccontano anche un limite: l’assenza di una visione che vada oltre il “continuare a campare”. Come sempre, del resto!
Eppure, proprio mentre Sant’Irene resta sospesa, il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha messo in fila, in una lunga intervista a Il Foglio, parole che sembrano descrivere esattamente ciò che manca – e ciò che potrebbe nascere – in luoghi come questo.
Occhiuto, parlando di energia e rinnovabili, sposta il fuoco del discorso lontano dai proclami. Dice chiaramente che il problema non è solo produrre energia verde, ma riuscire a governare ciò che si produce. E tutto questo, soprattutto in una regione, la Calabria, che in quanto a energia rinnovabile potrebbe essere - da sola - una potenza mondiale!
«C’è bisogno di lavorare sulle reti e sugli accumulatori – spiega a Il Foglio il Governatore – perché altrimenti tutto l’investimento che stiamo facendo sulle rinnovabili a volte non produce risultati attesi. Se non accumuli l’energia e se non la metti in rete quando serve, molta energia la sprechi». È un’affermazione che, calata nella realtà calabrese del nord-est, pesa come un macigno (senza stoccaggio, la transizione resta monca) ma che - se ben canalizzata nella rivendicazione territoriale che qui ancora continua a mancare - potrebbe significare la ri-contrattazione del futuro del polo di Sant'Irene-Cutura.
Ed è proprio qui che l'ex centrale torna, infatti, improvvisamente al centro del ragionamento. Perché quel sito non è un’area da immaginare o da inventare. È un sito che ha già le superfici, le connessioni, la collocazione strategica e una storia industriale che potrebbe essere riconvertita. In altre parole, esattamente ciò che servirebbe per un grande hub regionale di stoccaggio dell’energia.
Lo stesso Occhiuto lega esplicitamente l’accumulo alla possibilità di sviluppo economico, soprattutto per territori che faticano ad attrarre investimenti. «La possibilità di poter accumulare energia e poterla dare alle imprese a un costo inferiore – dice – potrebbe rappresentare un motore di sviluppo». Una frase che, letta a Corigliano-Rossano, suona come una chiamata in causa diretta.
Ed è proprio in questa prospettiva che la partita calabrese sull’energia rinnovabile deve essere spinta ancora più avanti. Il fotovoltaico, insieme alle comunità energetiche e all'agrifotovoltaico, sono strumenti fondamentali per cambiare il destino industriale della regione e pertanto hanno necessità di un piano di sostegno economico ancora più spuinto. Poi c'è l'altra sfida – prima ancora culturale che tecnica – e si chiama eolico offshore. Un tema che in Calabria continua a essere affrontato con timidezza, quando invece potrebbe rappresentare il vero salto di scala.
Qui, tra Jonio e Tirreno, la Calabria ha condizioni che poche altre regioni europee possono vantare: ventosità costante, profondità marine compatibili con le nuove tecnologie galleggianti, ampi tratti di mare non congestionati e una posizione strategica nel Mediterraneo. Tradotto: se governata e non subita, la sfida dell’eolico offshore potrebbe consegnare alla Calabria un ruolo di assoluto predominio, non solo nazionale ma europeo, nella produzione di energia rinnovabile di nuova generazione.
Ma l’eolico offshore, per sua natura, non può vivere senza infrastrutture di terra capaci di gestire, accumulare e redistribuire grandi quantità di energia. Ed è qui che il destino del mare e quello di siti come Sant’Irene–Cùtura tornano a incrociarsi in modo evidente. Senza hub di stoccaggio, senza reti intelligenti, senza poli industriali capaci di fare da cerniera tra produzione e utilizzo, anche l’offshore rischia di restare un’occasione sprecata o, peggio, una decisione calata dall’alto.
C’è poi un dettaglio che rende il quadro ancora più amaro. Proprio nell’area di Sant’Irene–Cùtura era previsto un hub dell’idrogeno da 15 milioni di euro, finanziato attraverso un bando regionale vinto da Enel e poi abbandonato. Un progetto annunciato, assegnato, e infine evaporato nel silenzio, senza che al territorio fosse mai restituita una spiegazione pubblica all’altezza delle aspettative create. Un buco nero che oggi pesa come un’occasione persa e che rende ancora più urgente una riflessione sul futuro del sito.
Nel frattempo, la discussione resta inchiodata al presente: come salvare l’esistente, come evitare contraccolpi occupazionali, come rinviare decisioni scomode. Ma la sensazione è che così si stia solo accompagnando lentamente un’infrastruttura strategica verso l’obsolescenza. E che, mentre la Calabria parla di green, rischi di lasciare arrugginire uno dei pochi luoghi dove il green potrebbe diventare davvero sistema.
Nell’intervista al Foglio, Occhiuto insiste più volte sulla necessità di un approccio non ideologico all’energia, capace di tenere insieme innovazione, sicurezza energetica e competitività. È una visione che chiede scelte, non solo dichiarazioni. E Sant’Irene–Cùtura, da questo punto di vista, rappresenta un banco di prova perfetto: o resta un problema da gestire con rattoppi e rinvii, oppure diventa una leva per costruire un futuro fatto ancora di energia – questa volta verde – di lavoro qualificato e di ricerca.
La Calabria, qui, non deve inventarsi nulla. Deve solo decidere se lasciare che un pezzo del suo patrimonio industriale diventi l’ennesimo relitto sul mare, o se trasformarlo in un’infrastruttura centrale della sua transizione energetica. Le parole del presidente della Regione indicano una direzione precisa. Resta da capire se qualcuno avrà il coraggio di percorrerla, partendo proprio da Sant’Irene–Cùtura.