Per il San Nilo destino segnato: anche il Liceo Classico di Rossano sarà trasferito allo scalo
Da anni si parla ormai di "soluzione necessaria" per accontentare le esigenze delle famiglie che non iscrivono più i figli in una scuola dislocata e disagevole. Una scelta comprensibile ma triste. Nessuno ha fatto nulla per evitare l'inevitabile
CORIGLIANO-ROSSANO - È nell’aria da anni, da oltre un decennio. Questa volta, però, sembra davvero che i tempi siano maturi. Lo storico Liceo Classico “San Nilo” di Rossano, quello che per generazioni ha rappresentato il tempio della cultura umanistica della città e di tutta la Sibaritide, dopo oltre 150 anni di storia, si prepara a traslocare allo Scalo.
Un passaggio epocale, quasi inevitabile, ma che per chi conosce la storia e il respiro di quelle aule di via XX Settembre sa di fine di un’era.
Per quanto trapelato negli ultimi giorni, alcuni docenti — i “veterani”, quelli che più degli altri sono custodi della memoria viva del San Nilo — sarebbero riusciti a ottenere una proroga di un altro anno dal nuovo dirigente scolastico, Alfonso Perna, alla guida del grande Polo Liceale di Rossano da qualche mese e che tra le prime azioni ha già trasferito il triennio dell’Artistico proprio dal plesso del centro storico ricongiungendolo al biennio già dislocato nel plesso di via De Florio, allo Scalo. Ma la sensazione diffusa, dicevamo, è che la sorte dell’edificio e della sua comunità scolastica sia ormai segnata.
Troppe le pressioni, troppe le lamentele di docenti e famiglie che non mandano più i figli “a Rossano paese”, nonostante il San Nilo continui ad essere uno dei migliori licei classici della Calabria secondo Eduscopio. Perché, dicono, è scomodo. Perché il centro storico è lontano. Perché non ci sono bar, tabacchi, cartolerie, parcheggi. Perché non passa l’autobus. Perché è più facile scegliere una scuola che sta “giù”, vicino ai centri commerciali e alle strade principali.
Quando la scuola non è più sacrificio
E allora viene da chiedersi: cosa è più importante oggi per un ragazzo — la comodità o la formazione? È questa, infatti, la domanda che brucia più di tutte sotto la cenere di questa scelta.
Negli anni Duemila, chi scrive quelle aule le ha vissute. C’erano già allora le stesse difficoltà, forse peggiori: si correva per prendere l’autobus, si saliva a piedi sotto la pioggia, si facevano colazioni di fortuna, c’erano compagni di classe che addirittura affrontavano – tutti i giorni - viaggi improbabili e interminabili dai diversi centri della Sila Greca. Eppure c’era l’orgoglio di entrare in un luogo sacro, un posto che sapeva di storia, di maestri, di umanesimo.
Allora, a differenza di oggi, non c’era la palestra, non c’erano laboratori tecnologici all’avanguardia. Ma c’era un senso di appartenenza, un sentimento profondo di essere parte di qualcosa che contava. Il San Nilo era un simbolo, un modo di pensare, una fucina di menti.
Oggi, invece, contano i numeri e le comodità. Conta la logistica più della cultura, la mobilità più della memoria. E così, forse, il trasferimento appare inevitabile.
Il nuovo dirigente Perna, pragmatico e concreto, non sembra cedere ai sentimentalismi. Non ha il peso della nostalgia addosso, non ha vissuto il San Nilo di una volta. Forse per questo — e non necessariamente è un male — guarda avanti, alle esigenze del tempo presente, ai bilanci, ai parametri del Ministero che sono freddi e - appunto - senza pietà.
E pare che alla base del trasferimento imminente ci siano anche questioni strutturali e statiche: l’edificio storico di via XX Settembre avrebbe bisogno di interventi importanti di messa in sicurezza.
Sarà questo, probabilmente, il pretesto ufficiale per chiudere il cerchio. Ma qui si apre un altro paradosso: perché la Provincia, appena qualche anno fa, ha speso fondi per costruire una palestra nuova, sfregiando anche un pezzo di centro storico, se poi l’edificio principale è destinato alla chiusura?
Perché non si è pensato a una visione più ampia? Perché non si è mai valorizzato il potenziale di strutture vicine, come Palazzo Francalanza (nel quale si sta realizzando uno dei progetti Pinqua) o l’ex scuola di Santa Chiara, di proprietà comunale, che potrebbe integrare o ampliare gli spazi del Liceo, restando fedeli alla sua sede originaria?
La verità è che mancano volontà e visione. Si spendono milioni per progetti di “rigenerazione urbana” nei centri storici, per arredi, percorsi e panchine, che non servono a nulla senza una progettualità vera ed un cambio radicale di mentalità, ma non si investe un euro per trattenere la vita reale nei luoghi della memoria. Un esempio su tutti, considerate le esigenze che si palesano ormai da un ventennio: un parcheggio. Un semplice, banalissimo parcheggio. Il quartiere San Martino, quello della Giudecca, è da anni un abitato fantasma con case fatiscenti e pericolanti e spazi inutilizzati. Perché non pensare alla realizzazione di un parcheggio multipiano proprio in quell'area così da "tamponare" le esigenze logistiche di studenti e docenti? Ma di altri provvedimenti che si potevano mettere a terra ce ne sono a iosa. Come, ad esempio, quello di realizzare uno spazio ristorativo a servizio della scuola, da dare in gestione (come avviene ormai in tutte le scuole). E invece no, abbiamo atteso che quel corpo, vecchio e flaccido, esalasse l'ultimo respiro.
La scuola, più di ogni altra cosa, è vita, presenza quotidiana, movimento, voce. Eppure la si sposta in nome della praticità.
Il trasferimento – diciamo anche questo - non cambierà la qualità formativa altissima del San Nilo, sicuramente, però, gli toglierà la sua anima. Il Classico di Rossano diventerà una scuola come le altre, con parcheggi e distributori automatici, con un bar e un’aria condizionata sempre accesa. Ma non sarà più il Liceo Classico San Nilo che generazioni di studenti ricordano come un santuario laico della cultura.
E allora, domani, quando anche la grande struttura di via De Florio sarà “troppo in salita” o “troppo dislocata” dalle esigenze delle famiglie, cosa faremo? Sposteremo pure quella? O, per accontentare tutti, arriveremo al punto di mandare gli insegnanti a casa degli alunni, come in un delivery su richiesta, in nome della massima comodità?
Il trasferimento del Liceo Classico “San Nilo” è una scelta comprensibile ma triste, figlia di un’epoca in cui la scuola non è più sacrificio, ma consumo. È la resa del sentimento all’efficienza, della tradizione alla logistica, dell’identità al calcolo. E se davvero sarà questo il prezzo da pagare per sentirci “moderni”, allora qualcuno, un giorno, dovrà pur dirlo: non è stato il San Nilo a perdere i suoi studenti, ma siamo stati noi, come comunità, a perdere il senso del suo valore.