Redditi 2023, ci sono 9 comuni della Calabria Nord-Est tra i più poveri d’Italia. Ecco quali
L’Italia cresce, ma la Sibaritide-Pollino resta schiacciata in fondo alla classifica. Nel 2023 si alza l'indice reddituale in tutti i comuni ma è solo un dato fisiologico che riguarda tutti i cittadini italiani. Ecco i dati MEF

CORIGLIANO-ROSSANO - C’è un’Italia che cresce, e c’è un’Italia che resta ferma, inchiodata agli ultimi posti. Lo dicono i numeri del Ministero dell’Economia sui redditi dichiarati nel 2023: la media nazionale sale, i contribuenti portano a casa qualcosa in più rispetto all’anno precedente.
Ma la forbice resta ampia e, guardando alle ultime posizioni della classifica, emerge un dato che racconta con forza la fragilità del nostro territorio: 9 dei 100 comuni più poveri d’Italia si trovano nel Nord-Est calabrese, nel perimetro dei 58 municipi che compongono il territorio giudiziario di Castrovillari.
L’Italia cresce, ma la Calabria resta indietro
In generale, l’anno d’imposta 2023 certifica un Paese in ripresa. L’inflazione e i rinnovi contrattuali hanno spinto in alto gli imponibili medi, e quasi ovunque si registra un incremento dei redditi pro capite. Tuttavia, se il Nord e alcune aree del Centro riescono a scalare posizioni nella graduatoria nazionale, il Sud e in particolare la Calabria restano aggrappati al fondo. È una crescita che migliora i numeri assoluti, ma non ribalta le gerarchie.
Nord-Est calabrese: una crescita che non basta
Nel dettaglio, i 58 comuni della Sibaritide-Pollino hanno visto un aumento generalizzato: il reddito medio per contribuente è passato dai 13.318 euro del 2022 ai 14.901 euro del 2023, con una crescita media di circa 1.500 euro. Nessun comune è rimasto indietro, tutti hanno guadagnato qualcosa. Ma il divario resta. E così accade che in questo lembo di Calabria si concentri quasi un decimo dei comuni più poveri del Paese: Plataci, Caloveto, San Lorenzo del Vallo, Nocara, Papasidero, Paludi, Scala Coeli, Castroregio e Terravecchia, tutti confinati nelle ultimissime posizioni nazionali, con redditi medi che oscillano tra i 12 e i 13 mila euro.
Sono numeri che raccontano una povertà relativa persistente, che non si cancella con un piccolo scatto in avanti: si cresce, ma non abbastanza, perché il resto d’Italia corre più veloce.
Corigliano-Rossano, la città cerniera che non sfonda
Nel cuore della Sibaritide c’è Corigliano-Rossano, la terza città della Calabria, il comune che per popolazione e ruolo dovrebbe essere il motore di tutta l’area. Eppure i dati dicono altro. Nel 2023 il suo reddito medio pro capite si è fermato a circa 15.746 euro: in aumento rispetto al 2022, sì, ma comunque lontano dalle medie nazionali e assai distante dai poli urbani più forti del Paese.
È una cifra che la colloca in una fascia medio-bassa della classifica, senza quel salto di qualità che ci si aspetterebbe da un comune che ha la massa critica per fare da volano. Basti pensare che Trebisacce e Castrovillari, pur con dimensioni molto più ridotte, viaggiano sopra i 18-19 mila euro pro capite.
Corigliano-Rossano resta dunque una città cerniera che non sfonda. Paga un tessuto produttivo frammentato, infrastrutture deboli, servizi inadeguati alla sua dimensione urbana e un mercato del lavoro che non riesce a trattenere competenze. Il risultato è una crescita difensiva: sufficiente per non arretrare, insufficiente per trainare davvero il territorio.
Le due Calabrie del Nord-Est
La fotografia è nitida: da un lato, i pochi comuni che riescono a mantenere livelli più alti – Trebisacce (19.285 €), Castrovillari (18.877 €), San Basile (18.697 €), Mormanno (18.176 €) – e che fanno da piccoli avamposti di resistenza; dall’altro, una lunga scia di micro-realtà interne che affollano le ultime posizioni della graduatoria nazionale.
Il Nord-Est calabrese si muove, cresce, prova a non restare indietro. Ma finché la crescita sarà così fragile e diseguale, finché Corigliano-Rossano non diventerà davvero un motore, e finché non si scioglieranno i nodi storici – la SS106 moderna, la ferrovia jonica veloce, la sanità di prossimità, i servizi formativi e digitali – la distanza dal resto del Paese resterà una frattura. E ogni piccolo progresso continuerà a somigliare più a un respiro di sollievo che a un vero riscatto.