Il nuoto come materia curriculare? Nella Calabria del nord-est una sfida (quasi) impossibile
Le parole di Federica Pellegrini hanno aperto il dibattito sull'educazione acquatica e sul nuoto come materia obbligatoria nelle scuole. Nel nostro territorio, però, la carenza di impianti rende difficoltosa la pratica della disciplina

CORIGLIANO-ROSSANO – Dopo le recenti affermazioni di Federica Pellegrini, voce autorevole del nuoto italiano, si è aperto un dibattito circa l’insegnamento del nuoto fin dalla tenera età che – secondo l’ex campionessa - «dovrebbe diventare materia obbligatoria nelle scuole».
Una proposta, la sua, che non nasce da un’idea sportiva in senso stretto ma da una riflessione molto più ampia che guarda soprattutto all’educazione acquatica e alla sicurezza. Per chi vive in un Paese circondato dal mare, infatti, saper nuotare non è solo un’opportunità ma una necessità.
Se guardiamo alla realtà della Sibaritide-Pollino, le parole dell’ex campionessa assumono un peso ancora maggiore. Qui, nonostante la vicinanza al mare e a numerosi corsi d’acqua, le strutture disponibili per avviare i più piccoli al nuoto sono pochissime. Attualmente soltanto Corigliano-Rossano e Villapiana dispongono di piscine ad uso sportivo.
Per le famiglie dei comuni delle aree interne – da Castrovillari a Morano, da Cassano a Trebisacce – la possibilità di avvicinare i propri figli a questa disciplina si traduce spesso in viaggi lunghi, costi aggiuntivi e difficoltà organizzative. E molti, di conseguenza, rinunciano.
Eppure, i dati nazionali parlano chiaro: ogni anno in Italia oltre trecento persone perdono la vita per annegamento e una quota significativa riguarda bambini e adolescenti. In un territorio turistico come il nostro, ricco di spiagge, la mancanza di un’educazione acquatica può diventare un rischio collettivo.
Pellegrini ha sottolineato, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, che il rapporto con l’acqua dovrebbe iniziare molto presto, quando i bambini sono ancora piccoli, così da eliminare paure e barriere psicologiche. Un approccio precoce rende naturale il movimento in acqua e, con il tempo, permette di trasformare un ambiente potenzialmente pericoloso in uno spazio di gioco e di benessere.
Tuttavia, nella nostra area, questa possibilità resta un privilegio per pochi. Se poi l’obiettivo si sposta sull’inserimento delle attività di nuoto nelle scuole, il tutto diventa ancora più complicato. Servono organizzazione, trasporti, insegnanti qualificati ma soprattutto servono gli impianti sportivi. Senza nuove strutture diffuse sul territorio, l’idea resta un sogno difficile da realizzare.
La sfida, quindi, riguarda le istituzioni locali e regionali. Se davvero crediamo che il nuoto debba diventare una competenza fondamentale, occorre investire in piscine scolastiche e comunali, accessibili a tutte le famiglie. Non si tratta solo di promuovere lo sport, ma di ridurre un divario sociale che penalizza i bambini di questo territorio rispetto a quelli di altre regioni italiane.
Il mare può e deve essere una risorsa. Ma perché lo diventi davvero, bisogna dare ai più piccoli gli strumenti per viverlo in sicurezza e con consapevolezza.