Sibari, l’aeroporto possibile: bacino reale, nuove strade e cargo agro fanno tornare i conti
Con la SS106 potenziata, l’innesto A2 e una vocazione al fresco, lo scalo di prossimità nella Piana di Sibari può servire fino a 1 milione di residenti in 90 minuti e reggersi con Roma, Milano e un collegamento cargo notturno verso gli hub

CORIGLIANO-ROSSANO - Proviamo a tenere insieme concretezza e chiarezza: la domanda che in tanti da sempre si pongono è se uno scalo a Sibari, nel cuore della Sibaritide, potrebbe reggersi davvero, e non solo sulla carta. Ad oggi la risposta è no.
Un quarto aeroporto in Calabria, nella Sibaritide, non sarebbe sostenibile anche se sarebbe legittimo. Non fosse altro per una perequazione dei servizi che nella nostra regione sono sempre più sbilanciati a sud-ovest (lungo la direttrice tirrenica e da Cosenza a scendere).
Considerando, però, la possibile chiusura all’aviazione civile dello scalo di Crotone, dal momento che, fra qualche anno, quando sarà pronta la nuova strada a 4 corsie Crotone–Catanzaro, la città pitagorica sarà collegata a Lamezia Terme in 45 minuti, tutto cambia. I numeri dicono che sì, realizzare un aeroporto nella Piana di Sibari, è sostenibile a condizione di costruire un aeroporto di prossimità ben legato alla rete stradale e ferroviaria, e con una vocazione cargo coerente con il distretto agroalimentare locale.
Accessibilità: SS106 e A2 come fattore abilitante
Cominciamo dall’accessibilità, che è il vero fattore abilitante. La Statale 106 Jonica è nel pieno del suo salto di qualità: a nord il “Megalotto 3” tra Sibari e Roseto Capo Spulico vale 38 chilometri a standard moderno, con gallerie e viadotti, e a inizio 2025 il contraente generale ha comunicato un avanzamento lavori vicino al 70%; a sud, invece, fra qualche mese dovrebbero iniziare i lavori per il nuovo collegamento in categoria B (4 corsie) tra l’innesto con l’Autostrada A2 (SS534) e il viadotto Coserie (a sud di Corigliano-Rossano). In parole semplici: i tempi di percorrenza lungo l’asse ionico scendono, e l’innesto con l’Autostrada del Mediterraneo rende Sibari naturale punto d’accesso per l’Alto Jonio e il Metapontino, oltre che per il sud campano. Non è un dettaglio: per gli aeroporti regionali, infatti, la differenza la fa il tempo “porta–aeroporto”, non la distanza in linea d’aria.
Una domanda che c’è già
Se guardiamo alla domanda potenziale, anche in questo caso il contesto è favorevole. Nel 2023 Bari ha superato 6,46 milioni di passeggeri e Brindisi 3,17 milioni: sono volumi che fotografano un territorio (Puglia, Basilicata, alta Calabria) con una forte propensione a volare. In Calabria, Lamezia Terme ha chiuso il 2023 con circa 2,84 milioni di viaggiatori. Sono dati ufficiali: non si tratta, dunque, di “inventare” il traffico, ma di avvicinarlo a un’area oggi periferica rispetto agli scali esistenti. Se poi Crotone - 228 mila passeggeri nel 2023 secondo la sua “Carta dei servizi” - entro 10 anni dovesse fermarsi, la fascia nord della provincia (Cirò e dintorni) troverebbe in Sibari l’alternativa più naturale.
Bacino d’utenza: contano i minuti, non i cerchi
Ma quanto vale il bacino d’utenza attorno a Sibari, misurato in minuti d’auto e non a “cerchi” teorici? Entro un’ora si intercettano, realisticamente, tra 450 e 600 mila residenti della Sibaritide, del Pollino, della Valle del Crati (compresa l’area urbana di Cosenza) più la costa lucana fino a Policoro e l’Alta Valle di Diano (Sala Consilina–Padula); in novanta minuti si sale attorno al milione includendo buona parte del versante tirrenico cosentino e il nord crotonese. Queste stime tornano se le si confronta con le grandezze provinciali: la sola provincia di Cosenza supera il mezzo milione di abitanti, Matera è poco sotto i 190 mila, Taranto poco sopra i 550 mila. In un’ora e mezza, una quota non marginale di queste popolazioni è a portata di un aeroporto a Sibari ma anche di altri due scali importanti - come dicevamo - come quello di Bari e Brindisi (almeno per l’area a nord-est).
Regole e concorrenza: perché non “soffoca”
Perché, allora, non temere che Sibari venga “soffocata” dagli scali vicini? Per due motivi. Il primo. La domanda non manca e si muove già; la scelta dell’aeroporto, per chi vive sullo Jonio settentrionale, oggi è spesso un compromesso tra tariffe e chilometri. Secondo: la normativa europea non lascia soli gli scali minori. La Commissione europea consente aiuti mirati agli aeroporti regionali sotto i tre milioni di passeggeri e lo Stato può imporre gli “oneri di servizio pubblico” sulle rotte essenziali (tipicamente Roma), proprio per garantire connessioni continuative dove il mercato da solo non basta (un po’ quello che sta avvenendo a Crotone). È quello che in Italia si fa da anni, con procedure vigilate da ENAC.
Merci: il moltiplicatore che cambia i conti
Detto questo, c’è un tassello che può rendere l’equazione ancora più solida: le merci. Nel 2024 gli aeroporti italiani hanno toccato il record storico di traffico cargo - circa 1,25 milioni di tonnellate complessive - con una crescita trainata sia dai corrieri espressi sia dal ritorno della capacità nelle stive degli aerei passeggeri. In questo mercato in espansione, un “piccolo” aeroporto può contare molto se sta nel posto giusto e se lavora bene la nicchia del fresco.
Specializzazione nel fresco e valore aggiunto
La Sibaritide è un distretto del cibo, già riconosciuto dalla Regione Calabria, con filiere agricole ad alto valore (clementine, limoni e agrumi, pesche, fichi, fragole, primizie e ortofrutta) che guardano ai mercati di Germania, Svizzera e Austria: più corta è la catena del freddo tra campo, magazzino e aereo, minori sono gli scarti e maggiore è il valore trattenuto in loco.
E ci sono standard internazionali per farlo bene: la certificazione “CEIV Fresh” dell’associazione mondiale del trasporto aereo codifica procedure, temperature e controlli lungo tutta la filiera; a Malpensa e Fiumicino, ad esempio, centri specializzati l’hanno già ottenuta, segno che l’Italia conosce e pratica queste regole e che quindi possono essere messe a terra anche lì dove c’è bisogno.
Quanto vale una linea cargo notturna
Qui una stima “di lavoro” aiuta a farsi un’idea: un collegamento notturno regolare con un aereo da carico di media taglia (la classe che i corrieri usano per i feeder verso i grandi hub) può valere, da solo, oltre duemila tonnellate l’anno. È un ordine di grandezza che già avvicina il dato 2023 di Lamezia Terme, pari a circa 1.670 tonnellate secondo le tabelle Assaeroporti. Tradotto in sostenibilità, questa seconda gamba - le merci - vale in ricavi quanto decine di migliaia di “passeggeri equivalenti”, abbassando il punto di pareggio di uno scalo regionale.
Il ritorno a casa: gli expat
C’è poi un flusso spesso sottovalutato che, nel caso calabrese, pesa davvero: i rientri degli emigrati e dei lavoratori fuori sede, cioè chi vola “per tornare a casa”. La sola provincia di Cosenza conta oltre 185 mila iscritti all’AIRE, l’anagrafe degli italiani all’estero, secondo il Rapporto Migrantes. È un pubblico che si muove soprattutto nei periodi di festa e d’estate, ma che garantisce domanda anche nei mesi “di spalla”, stabilizzando le rotte domestiche più importanti (Roma e Milano) e aprendo spiragli per qualche collegamento estivo mirato verso i Paesi con comunità calabresi più numerose.
Strategia operativa: rotte e filiera
Mettiamo tutto in fila. Un aeroporto a Sibari nascerebbe con due asset difficili da replicare altrove: la posizione sul nuovo corridoio jonico, a ridosso dell’A2, e un distretto agroalimentare che richiede - oggi più che mai - investimenti per rendere competitivo e produttivo il mercato dell’agroalimentare della Sibaritide.
Con questi presupposti, lo scenario operativo ha senso: collegamento tutto l’anno con Roma garantito dagli oneri di servizio pubblico, Milano con orari utili anche a chi lavora, un paio di rotte domestiche verso il Nord ed altre capitali europee e, in estate, voli diretti da e verso i bacini europei “giusti”. Sul lato merci, un programma notturno regolare verso gli hub nazionali (Malpensa, Bergamo, Fiumicino) e la certificazione della filiera del freddo permettono di mettere subito a terra volumi concreti e clientela stabile. È una strategia che non pretende di “sfidare” Bari, Brindisi o Lamezia: vuole colmare un vuoto geografico, accorciare i tempi per chi oggi vola da lontano e, soprattutto, dare una corsia veloce ai prodotti della Sibaritide.
Prospettiva: quando pensare in grande è un dovere
Se poi si vorrà alzare l’asticella, il capitolo infrastrutture indica la strada: le piste per i grandi cargo intercontinentali richiedono lunghezze nell’ordine dei tremila metri e oltre a pieno carico, come mostrano i manuali di pianificazione aeroportuale dei costruttori; è una scelta da valutare più avanti, solo se la base passeggeri e il cargo di prossimità avranno dimostrato la loro tenuta. Prima viene l’accessibilità, poi il prodotto, infine l’eventuale crescita. È così che un aeroporto locale diventa, nel tempo, un’infrastruttura utile e credibile.