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Aree interne, la Flai Cgil: «Tratteggiare un nuovo modello di sviluppo possibile»

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COSENZA - «Quanto contenuto nelle 54 pagine del report finale della consultazione del Piano strategico nazionale delle aree interne, ovvero la possibilità di intervenire in modo da potenziare, secondo le linee guida sui trasporti, sulla scuola e sulla salute, nonché tutte le sinergie elencate, rischiano di essere vanificate quando si afferma che “queste aree non possono porsi alcun obbiettivo di inversione di tendenza ma nemmeno essere abbandonate a se stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino di invecchiamento”».

Inizia così la nota stampa di Giovambattista Nicoletti, Segretario Generale Flai Cgil Cosenza, che aggiunge: «La crisi e il progressivo spopolamento delle aree interne sono un problema su cui la Flai Cgil, e la "sua" Fondazione Metes, accendono i riflettori. Da diversi punti di vista. Tutti tasselli di un solo un mosaico, in un percorso contro la narrazione mainstream per tratteggiare un nuovo modello di sviluppo possibile». 
 
«L’onda lunga del paradigma neoliberista porta a un disinvestimento sociale e politico sui territori marginalizzati ritenuti non in grado di stare al passo con la competizione. La crisi del modello capitalistico riguarda l’ambiente, il welfare, i migranti. Temi che impattano inevitabilmente proprio sulle arre interne, che allora devono diventare l’occasione di invertire la tendenza, sarebbe utile acuire le  difficoltà di modernizzare l’agricoltura, mediando le tensioni sociali. La prima parte forse è riuscita, la seconda sicuramente no. Perché manca la politica, una coprogettazione che renda possibile lavorare insieme». 

«Dai nostri boschi escono anche prodotti che fanno parte della filiera agroalimentare: funghi, miele, tartufi, per dirne solo tre. E lo sviluppo della biodiversità è l’unico modo per prevenire i dissesti idrogeologici. Le città non rendono alle zone collinari tanto quanto prendono».

«Se pensiamo di affrontare il tema delle aree interne utilizzando lo stesso modello che le ha marginalizzate facciamo un buco nell’acqua, oppure sprechiamo risorse. Un modello di sviluppo polarizzante in un paese storicamente policentrico non può funzionare. Per giocare questa partita bisogna uscire dalla logica dei numeri, del grande e del piccolo, inesorabilmente trasformati in diseguaglianze sociali».

«Le aree interne si spopolano perché è crollata l’economia che reggeva questi aggregati democratici. Un modello secolare di agricoltura muore strozzata a monte dalle corporazioni dell’agro business, a valle dai bassi prezzi dei centri commerciali, delle catene della grande distribuzione organizzata. Il problema è riportare le persone sulle alture per custodire il territorio, non facciamo diventare clandestini i ragazzi che arrivano in Italia, non li sfruttiamo nei campi come schiavi, potrebbero dare una gran mano. Stabiliamo un reddito di presidio ambientale da fornire a tutti quelli che operano in montagna e in collina. Il sindacato deve essere in grado di tradurre il disagio in azione concreta, in una prospettiva di cambiamento del modello di sviluppo. Uno dei terreni più avanzati su cui sfidare il governo è proprio quello della ricerca di un lavoro di qualità e pagato decentemente, in un contesto sociale che neghi i servizi essenziali ai cittadini. 

«Sul tema delle aree interne il Censis, che ha appena pubblicato il suo ultimo rapporto, legge il continuo divorzio tra città e campagne, un processo che si è accentuato. Negli ultimi dieci anni 800mila persone hanno abbandonato le aree interne, ma c’è un dato che deve farci riflettere: gli stranieri che sono emigrati in queste aree sono aumentati del 7%. Questo significa che laddove mancano i servizi aumenta un’emigrazione povera. La Flai già dal 1974 ha lanciato campagne di recupero delle aree interne. Oggi il costo delle terre è lievitato ed è nelle mani di pochi, che praticano una coltivazione intensiva.  L’agricoltore può essere la sentinella del territorio. Ma non può mancare una politica di indirizzo da parte del Pubblico. Ci sono tanti incentivi sull’agricoltura, ma di che tipo di agricoltura parliamo? Quello che sta accadendo in Europa ci dice che dobbiamo tutelare i posti di lavoro rispettando dell’ambiente».

«Ci sono tanti incentivi inutilizzati, c’è tanta frammentazione. Servono persone competenti e polifunzionali per fare andare avanti un’azienda agricola. Non si può più seguire strade uniformi, come fu fatto con la riforma agraria degli anni ‘50. Il legame tra agricoltura, salute ed ecologia umana è l’obiettivo che dobbiamo rincorrere per ottenere una buona educazione alimentare. E dobbiamo pensare ad un modello dove i servizi non siano concentrati nei capoluoghi, ma distribuiti sull’intero territorio. Potrebbe rivelarsi uno strumento per attrarre nuova popolazione, soprattutto giovani» conclude.
 

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.