Morti sul lavoro, la Calabria è in "zona rossa"
La nostra Regione ha un'incidenza infortunistica superiore al 125% dell'incidenza media nazionale. Nella provincia di Cosenza 45 decessi nell'ultimo anno. Rossato: «Il bilancio è tragico»

ORIGLIANO-ROSSANO - Dal 2021 al 2024, 4.442 persone hanno perso la vita sul lavoro in Italia. Il settore delle Costruzioni è quello in cui si conta il maggior numero di decessi con 564 vittime. Le zone con il rischio più alto sono al Centro e al Sud.
Tra le sei Regioni in "Rosso" (che hanno un'incidenza infortunistica superiore al 125% dell'incidenza media nazionale), purtroppo troviamo anche la Calabria. Situazione ancor più drammatica per la Basilicata e l'Umbria, che si trovano in zona rossa da quattro anni consecutivi, mentre la Toscana si distingue come la regione più virtuosa, con due anni in zona bianca (con un'incidenza infortunistica inferiore al 75% dell'incidenza media nazionale).
Nella provincia di Cosenza nell'ultimo anno si sono registrati 45 decessi sul posto di lavoro.
Sono 4.442 le vittime sul lavoro da gennaio 2021 a dicembre 2024: 1.075 in itinere e 3.367 in occasione di lavoro. Ed è quest'ultimo il dato più preoccupante, perché è quello che definisce la qualità della quotidianità lavorativa degli italiani.
Mauro Rossato, Presidente dell'Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega di Mestre, commenta la triste e costante tendenza nel nostro Paese introducendo l'ultima indagine elaborata dal proprio team di esperti sugli infortuni mortali e non mortali avvenuti negli ultimi quattro anni in Italia: «Il bilancio è tragico, tanto quanto quello di un bollettino di guerra. Perché questo sembra purtroppo il lavoro nel nostro Paese: un campo di battaglia senza trincea e senza scudi. Negli ultimi quattro anni le vittime "ufficiali" sono state 4.442. Ricordiamo, infatti, che dalle rilevazioni ufficiali non emerge il mercato del lavoro sommerso in cui ovviamente risulta assai difficile indagare. Comunque l'emergenza "ufficiale" basta e avanza. A preoccupare non sono solo i numeri, ma anche e soprattutto l'incidenza di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa che non accenna a diminuire in modo incisivo. Ciò significa che il rischio di morte per i lavoratori rimane sempre elevato e pressoché invariato negli ultimi anni».
Analizzando l'emergenza per settore, a detenere il triste primato di morti in occasione di lavoro, lungo tutto il quadriennio considerato, è quello delle Costruzioni (564 decessi), seguito da Trasporti e Magazzinaggio (434 vittime) e dalle Attività manifatturiere (411).
Oltre alla definizione del livello di sicurezza per ciascuna regione, l'Osservatorio individua nel corso del quadriennio 2021-2024, l'identikit dei lavoratori più a rischio per fascia d'età. E lo fa sempre attraverso le incidenze di mortalità. Un dato, quest'ultimo, che continua a essere sempre più preoccupante tra i lavoratori anziani; proprio nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni l'incidenza nei quattro anni va da un minimo di 96,1 morti per milione di occupati relativo al 2022 ad un massimo di 150,4 nel 2021, seguita dalla fascia di lavoratori compresi tra i 55 e i 64 anni (da 54,5 a 82,2).
Ma c'è un altro dato molto significativo e altrettanto scoraggiante che emerge osservando le denunce totali di infortunio: quello che riguarda i più giovani. Le nuove e nuovissime generazioni, infatti, tendono ad infortunarsi maggiormente rispetto ai più anziani senza necessariamente gravi conseguenze. Ciò può essere in parte spiegato da una minore esperienza lavorativa ma, allo stesso tempo, da una maggiore reattività nell'evitare conseguenze gravi.
Una proiezione molto importante e al tempo stesso molto preoccupante per capire le lacune sul fronte della sicurezza nel nostro Paese, riguarda le incidenze di mortalità tra i lavoratori stranieri: sempre più elevate rispetto a quelle dei colleghi italiani. Nell'ultimo triennio analizzato dall'Osservatorio Vega Engineering questo dato è diventato più che doppio sia nelle morti in occasione di lavoro sia in quelle in itinere. Le incidenze di mortalità in occasione di lavoro tra i lavoratori stranieri vanno dunque da un minimo di 63,2 morti per milione di occupati nel 2022 a 74,2 nel 2024, mentre per gli italiani si va da 29,7 nel 2024 a 40,8 nel 2021 (secondo anno di pandemia).
Per genere, invece, a subire il maggior numero di infortuni e a morire di più sono gli uomini. Anche considerando le incidenze rispetto alla popolazione lavorativa gli uomini mostrano valori ben più elevati. Quando si parla di infortuni mortali in occasione di lavoro, gli uomini fanno rilevare incidenze di mortalità che oscillano tra i 54,7 decessi per milione di occupati e i 67,6, mentre le donne da 5,2 a 9,6 decessi per milione di occupati.