Dal silenzio del convento al palcoscenico globale: la Calabria e il vino a Parigi
Al Wine Paris & Vinexpo, uno degli eventi internazionali più prestigiosi del settore enologico, la Calabria ha brillato presentando vini che testimoniano la straordinaria ricchezza dei vitigni autoctoni e il profondo legame con una tradizione secolare
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PARIGI - Durante una calda estate, visitai il Musée du Vin di Parigi e rimasi colpito dalla sua sorprendente collocazione: un ex convento di San Francesco di Paola. In quel luogo di silenzio e raccoglimento, l’eco di un passato sacro sembrava ancora vibrare tra le antiche volte, come se il tempo non avesse cancellato il legame profondo tra spiritualità e vita terrena. Il vino, simbolo di comunione e cultura, testimoniava silenziosamente quell’intreccio.
Le sale risalenti al XVI e XVII secolo, un tempo utilizzate dai Fratelli Minimi del convento di Passy per conservare il loro vino, furono trasformate nel dopoguerra in cantine per il ristorante della Torre Eiffel, prima di diventare, nel 1984, il Museo del Vino. Passeggiando tra quegli spazi, mi sembrava di percepire un filo invisibile che univa quelle mura parigine a una terra altrettanto ricca di storia e passione: la Calabria.
Un filo che si è reso tangibile questo febbraio, quando ho partecipato con vivo interesse al Wine Paris & Vinexpo, uno degli eventi internazionali più prestigiosi del settore enologico. Oltre 4.000 espositori da 48 Paesi e più di 35.000 visitatori hanno reso la manifestazione un crocevia di culture e sapori.
All’interno del Padiglione Italia, la Calabria ha brillato con uno stand curato dalla Regione, in collaborazione con il Dipartimento Agricoltura e l’ARSAC (Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese). Quattordici aziende hanno avuto l’opportunità di presentare i loro vini, testimoniando la straordinaria ricchezza dei vitigni autoctoni e il profondo legame con una tradizione secolare.
L’Assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo, ha sottolineato l’importanza di questa presenza: «Ci siamo con orgoglio e convinzione non solo per dare continuità al processo di valorizzazione avviato negli ultimi anni, ma anche per sostenere il settore di fronte alle sfide poste dalle tensioni geo-economiche e dai cambiamenti delle abitudini di consumo».
Appena entrato in fiera, un’operatrice mi ha indicato con fierezza lo stand della Calabria: «Uno dei più belli!» mi ha detto, e non potevo che essere d’accordo. Quella prima impressione positiva si è rafforzata con il susseguirsi degli incontri: volti noti, come Demetrio Stancati, presidente del Consorzio Terre di Cosenza DOP, e nuove scoperte, come la Tenuta Corno Valano di Corigliano Rossano. Questa giovane realtà mi ha colpito per l’eleganza dei suoi vini DOP. Il bianco Spina Santa, ottenuto da uve Malvasia, sprigiona note aromatiche raffinate, il rosato Ceradonna (Magliocco in purezza) esprime freschezza e vivacità, mentre il Pathirion (Nerello Calabrese 100%) incarna equilibrio e struttura. Il nome stesso rimanda all’antica abbazia bizantina dell’area rossanese, evocando la gloriosa storia religiosa della Calabria. Un vino, non solo tributo alla memoria, ma manifesto di identità: radicata nella tradizione, la viticoltura calabrese continua a evolversi con uno sguardo proiettato al futuro.
Dal silenzio del convento d'un tempo al fermento delle fiere internazionali, la nostra terra continua a raccontare la sua storia. E oggi, più che mai, quella storia merita di essere ascoltata.