Nuovo Piano idrogeoligico: da Rocca Imperiale a Cariati si rischia la paralisi totale
L’Autorità di Bacino abdica al suo ruolo di presidio del territorio e impone nuovi e stringenti vincoli. Opere pubbliche e interi paesi entrano nell’ombra dell’abusivismo. Persino il nuovo ospedale nella selva dei vincoli. La protesta di Stasi
CORIGLIANO-ROSSANO - Il recente via libera al Progetto di Piano Stralcio di Bacino del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, per la mitigazione del rischio alluvioni in Calabria (UoM Calabria-Lao), sta suscitando forti perplessità tra gli amministratori del territorio del nord-est della Calabria. Il piano, approvato dalla Conferenza Istituzionale Permanente (CIP) e basato su studi condotti in collaborazione con le Università della Calabria e Federico II di Napoli, introduce nuove mappe di pericolosità e rischio idraulico, interessando circa il 15% del territorio regionale e quasi il 50% del territorio della Sibaritide (quasi la totalità del terreno utile).
Da Rocca Imperiale a Cariati passando per Corigliano-Rossano c’è un territorio che rischia la paralisi totale (VEDI QUI LA MAPPA).
Quello che emerge, anche in questo caso, sono le contraddizioni profonde che porta con sé questo nuovo Psb. Il piano, infatti, non tiene conto delle evoluzioni territoriali e delle esigenze locali, imponendo vincoli eccessivi, persino in aree dove precedenti autorizzazioni avevano consentito l’espansione edilizia. Questo determina un paradosso: opere in costruzione potrebbero restare incompiute o – addirittura – opere già realizzate (in alcuni casi interi paesi come il caso del centro urbano di Mirto o l’area di Marina e dei Laghi di Sibari) si troverebbero in un pieno stato di abusivismo di fatto, con gravi danni economici e ambientali. Basti pensare che persino il costruendo nuovo ospedale della Sibaritide (opera pubblica in capo alla Regione Calabria) si trova in una situazione “border line” chiuso, stretto tra una rete di vincoli idrogeologici di pericolosità media e alta che ne impedirebbero attorno qualsiasi altro e nuovo sviluppo.
Insomma, rimanendo così le cose, l’Autorità di Bacino e quindi anche la Regione Calabria, dal canto loro si sarebbero messi l’anima in pace, mettendo vincoli ovunque e abdicando al loro ruolo di presidio del territorio attraverso la manutenzione e la tutela del territorio; proprio come si faceva un tempo con le opere di messa in sicurezza idraulica. Al contrario, hanno inguaiato l’economia territoriale e ogni possibilità di uno sviluppo organico, moderno e rispettoso della natura.
E di questo ne è convinto persino un sindaco “anti cemento” come, Flavio Stasi, noto per le sue battaglie ambientaliste, che proprio rispetto al nuovo Piano di Bacino esprime forte preoccupazione: «Un impianto di questo tipo – scrive sulla sua pagina social - richiedeva un minimo di confronto con i territori. In molti casi si ripristinano vincoli già rimossi». Tant’è che proprio lo stesso primo cittadino di Corigliano-Rossano nelle ultime ore ha già istituito in comune il Servizio Difesa del Suolo, proprio con l’obiettivo di smantellare quei vincoli non necessari. «Non sono un amante del cemento – sottolinea ancora Stasi - ma questa impostazione mi lascia perplesso». Stasi annuncia osservazioni dettagliate da parte del Comune e auspica una collaborazione istituzionale per conciliare sicurezza, prevenzione e sviluppo. E nelle ultime ore anche il Comune di Vibo Valentia, anch’esso “flagellato” dai vincoli, ha manifestato il proprio dissenso.
L’applicazione del piano, così come concepito, potrebbe generare un blocco edilizio, non tanto dei privati ma soprattutto per la realizzazione delle necessarie opere pubbliche in questo territorio, in aree dove erano state concesse autorizzazioni, lasciando cantieri incompleti e causando danni economici significativi.
La situazione, insomma, così come auspicato da Stasi richiede un intervento rapido e coordinato. È fondamentale che Ordini professionali (Ingegneri e Geologi su tutti), ma anche la stessa Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE) e i Sindacati si uniscano alla protesta, non per contrastare il piano ma per renderlo effettivamente omogeneo ed efficace. Perché la sfida per una società globale, moderna e ipertecnologica è quella di conciliare la tutela ambientale con lo sviluppo economico, garantendo la sicurezza senza soffocare la crescita del territorio. La natura non è nemica dell'uomo, ma un rispetto immobile non può significare la paralisi dello sviluppo. La CIP, la Regione Calabria e l'Autorità di Bacino sono chiamate a rivedere il piano, garantendo un confronto reale con i territori interessati.