Siccità e cinghiali mandano in tilt la vendemmia 2024 anche nella Sila Greca
Un mix esplosivo che sta mettendo a dura prova la fragile economia agricola del territorio jonico. Servono nuovi invasi per garantire acqua e servono soluzioni di mercato per garantire il prezzo di produzione
CORIGLIANO-ROSSANO – Caldo eccessivo, siccità e cinghiali: un mix esplosivo perfetto che sta mettendo in ginocchio i delicati equilibri che reggono l’agricoltura d’eccellenza e di qualità lungo le pendici della Sila Greca. A soffrire di più sono le prestigiose aree viticole del basso Jonio della Sibaritide e della Sila Greca. In particolare, le zone a sud di Corigliano-Rossano e particolarmente i territori di Cariati, Mandatoriccio e Scala Coeli che hanno dovuto far fronte ad una importante diminuzione di produttività.
La vendemmia del 2024, infatti, sta segnando un record negativo per quantità e stessa cosa sta accadendo anche nell’alto crotonese, nel cirotano dove sorgono i vitigni più importanti e conosciuti della Calabria. La siccità, durata ben otto mesi, ha decimato la produzione, nonostante gli sforzi degli agricoltori per mantenere in vita le loro viti attraverso continui cicli di irrigazione. Questa misura estrema si è rivelata indispensabile per preservare le colture, specialmente nelle colline dove l’acqua è stata per tutta l’estate un bene raro. Ma nonostante si sia fatto il possibile per non far mancare l’acqua alle piante, questa rimane sicuramente una delle stagioni di raccolta più compromessa.
Anche i viticoltori della Sibaritide e della Sila Greca, insieme a quelli del crotonese, hanno lanciato un appello alla politica, chiedendo la realizzazione di infrastrutture idriche per fronteggiare la carenza d’acqua con la creazione di grandi invasi, in grado di sopperire alle sempre più frequenti siccità.
A complicare ulteriormente la situazione, vi è stata l'incessante invasione di cinghiali, che hanno causato danni significativi ai raccolti. Nonostante gli sforzi dei selezionatori per arginare gli ungulati, la loro popolazione continua a minacciare il lavoro e il reddito degli agricoltori locali. Nelle pianure, i viticoltori hanno perso tra il 50% e il 60% delle loro colture a causa dei cinghiali, aggravando ulteriormente il danno già inflitto dalla siccità.
Insomma, gli effetti combinati di siccità e fauna selvatica hanno reso la vendemmia del 2024 una stagione disastrosa. Nonostante la scarsità dell’offerta, infatti, i prezzi dell'uva non sono aumentati come avrebbero dovuto e i viticoltori sono costretti a vendere a prezzi ben al di sotto delle aspettative. Da qui la richiesta delle associazioni di categoria che si sta facendo spazio negli ultimi giorni è quella di fissare un prezzo minimo garantito di 100 euro al quintale, misura che garantirebbe dignità e giusto compenso ai viticoltori locali, costretti a muoversi autonomamente e quindi facilmente soggetti a pratiche di mercato svantaggiose.