Il terremoto e lo tsunami del 1836 che colpì Rossano ma rase al suolo Crosia
Del piccolo borgo della Valle del Trionto non rimase quasi nulla. Nel capoluogo bizantino, invece, su 1.538 edifici, 370 furono distrutti e 392 danneggiati irreparabilmente, mentre altri 776 subirono danni ma rimasero riparabili.

CORIGLIANO-ROSSANO - Nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1836, venti minuti dopo la mezzanotte, un terremoto devastante scosse la Calabria, lasciando una traccia indelebile nella storia della regione. Il suo epicentro fu tra Rossano e Crosia. Molti centri abitati vicini abitati vicini (Paludi, Cropalati, Caloveto, Calopezzati e Longobucco) vennero danneggiati. Il sisma raggiunse una magnitudo momento di 6.1, causando distruzione e dolore in una vasta area della Sila Greca. Rossano fu tra i centri più colpiti: su 1.538 edifici, 370 furono distrutti e 392 danneggiati irreparabilmente, mentre altri 776 subirono danni ma rimasero riparabili. Crosia vide la quasi totale distruzione del suo abitato, e a Calopezzati molte case crollarono. Altri 15 centri abitati lungo il versante ionico della provincia di Cosenza subirono gravi danni.
La violenza del terremoto causò anche uno tsunami, che colpì la costa di Capo Trionto, invadendo le spiagge e trascinando con sé barche e attrezzature da pesca. Il maremoto - raccontano le cronache dell'epoca - allagò completamente la spiaggia di Sant'Angelo e più in generale tra Schiavonea e Calopezzati le acque avanzarono per 50 metri. Nella frazione di Centofontane (nel comune di Crosia) furono trascinate via alcune imbarcazioni appartenenti ai pescatori locali e successivamente sulla spiaggia rimase un gran quantitativo di pesce.
Le vittime furono 239, un numero che testimonia la gravità dell'evento. La scossa principale fu seguita da oscillazioni più leggere che durarono circa due minuti, ma l'impatto iniziale fu così violento da causare frane e profonde spaccature nel suolo.
Oggi, la memoria di quella catastrofe è ancora viva nelle comunità locali. A Rossano, ad esempio, si celebra la festa dei fuochi di San Marco, mentre a Corigliano proprio in questo giorno di ringraziamento si celebra la festa patronale di San Francesco da Paola che protesse la città durante quel sisma. Entrambi gli eventi, infatti, traggono origine proprio dal terremoto del 1836.
A Rossano, durante la festa dei Fuochi di San Marco, gli abitanti accendono focarine all'interno della città, in ricordo di quell'episodio storico in cui le fiamme furono utilizzate per illuminare la notte e segnalare la presenza di vita tra le macerie.
Questo terremoto è un promemoria della vulnerabilità delle nostre comunità di fronte alle forze della natura e dell'importanza della preparazione e della resilienza. Gli studi geologici moderni sulla faglia di Rossano, che va dalla piana di Sibari fino alla valle del Trionto, sono fondamentali per comprendere i rischi sismici della zona e per pianificare misure preventive. La storia ci insegna che la memoria e la consapevolezza possono salvare vite e che, anche a distanza di secoli, il ricordo di eventi passati può rafforzare il tessuto sociale e culturale di una comunità. Il terremoto del 1836, con le sue tragiche conseguenze e le sue ricorrenze, rimane un capitolo significativo nella storia della Calabria, un monito per il presente e una guida per il futuro.