Progetto Baker Hughes al tramonto? L'ira funesta di Occhiuto contro Stasi
Dopo la determinazione dell’Autorità portuale si è fermato tutto. Perché? L’autorizzazione unica ZES sembra non bastare. Servirebbe anche il permesso a costruire che il Comune ha detto di non rilasciare: «Manca Piano regolatore». Un caso politico
CORIGLIANO-ROSSANO – Non c’è solo la volontà del Centro Destra e di Forza Italia, su tutti, di dimostrare il suo valore politico, dietro la scelta di candidare a sindaco Pasqualina Straface. Seppur il nome della pasionaria forzista è circolato insistentemente e concretamente sin dall’estate scorsa, dietro la determinazione ultima del Governatore Occhiuto a schierare la consigliera regionale, presidente della Terza commissione Sanità, alle prossime comunali c’è un indirizzo chiaro e dichiarato: sconfiggere Stasi a tutti i costi. E la ragione scatenante di questa improvvisa (e sicuramente inattesa, se si pensa alla neutralità assunta nelle elezioni catanzaresi) discesa in campo del Presidente, si troverebbe proprio nell’atteggiamento assunto da Stasi nella vicenda di Nuovo Pignone BH.
Pochi giorni prima dell’evento di presentazione che si tenne nei locali dell’autorità portuale, all’interno della grande darsena jonica, lo scorso 19 gennaio, ci fu un vertice a Catanzaro, voluto e spinto dai Sindacati, tra Regione, Autorità Portuale e Amministrazione comunale, proprio per discutere e superare le divergenze di vedute, rispetto all’investimento industriale, tra la stessa Autorità di sistema e il Comune, con la Regione e i sindacati a fare da garanti. Divergenze che, però, non sarebbero state superate. Tant’è che proprio Stasi alla vigilia della chiusura della Conferenza dei Servizi sul progetto di Nuovo Pignone BH, dopo aver visionato il Piano regolatore portuale, attraverso il dirigente del settore urbanistica, scrisse al Ministero delle Infrastrutture per evidenziare una «impasse di grande rilevanza» che, di fatto, non avrebbe consentito all’Ente comunale di rilasciare alcuna autorizzazione urbanistica. Sul Porto di Corigliano-Rossano, in realtà, vige un piano regolatore del 1971 e sia gli strumenti urbanistici territoriali, sia il vecchio Prg dell’estinto comune di Corigliano, sia il nuovo Piano strutturale associato, non hanno contemplato alcunché rispetto all’infrastruttura, relegando quell’area ad una “zona di nessuno”, dove sarebbe stato impossibile rilasciare autorizzazioni. Questo, dunque, il cavillo tecnico – sicuramente non di poco conto - trovato da Stasi che avrebbe mandato su tutte le furie Occhiuto, che evidentemente aveva dato rassicurazioni sia all’Autorità portuale quanto all’investitore. Uno sgarbo bello e buono.
Nonostante, però, «l’impossibilità» di Stasi a dare un parere e quindi a concedere l’autorizzazione a costruire, forti dei poteri della Zona Economica Speciale, l’Autorità portuale è andata avanti concedendo alla Nuovo Pignone BH l’atto di sottomissione delle aree del porto individuate per la produzione industriale. Una procedura straordinaria che bypasserebbe tutte le altre autorizzazioni, anche quelle comunali. Ma non è proprio così, perché comunque aprirebbe la grande stagione delle vertenze e dei ricorsi. Chi si sottoporrebbe a questo stillicidio? Sta proprio qui, forse, la risposta al perché ancora oggi - nonostante siano già trascorse più di due settimane dal via libera a operare - di Nuovo Pignone BH nel porto di Corigliano-Rossano non c’è traccia.
Una società che vuole investire tanti soldi, lo fa in un territorio non ostile. E sicuramente, adesso, Corigliano-Rossano per la multinazionale italo-americana non è un territorio accogliente. Forse nemmeno ostile – ci mancherebbe – ma probabilmente fin troppo algido. Resta il dubbio, quindi, se davvero quella autorizzazione ZES sia davvero totalmente efficace per procedere nell’investimento ma soprattutto rimane l’enigma importante su quanto tempo Nuovo Pignone BH voglia ancora aspettare prima di lasciare tutto e dirigersi verso altri lidi (il porto di Taranto rimane un’altra destinazione appetibile per l’azienda). Dunque, l’ipotesi che il piano industriale nel porto naufraghi per sempre è quantomai concreta. Soprattutto se la politica e gli stessi sindacati rimangono totalmente inermi.