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Mensa scolastica, a Co-Ro scoppia il caso sul Pecorino crotonese: «Meglio il Parmigiano!»

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CORIGLIANO-ROSSANO – «Bisognerebbe eliminare dal menù il Pecorino Crotonese Dop, perché la maggioranza dei bambini non lo mangia e quindi i pasti preparati con questo alimento non vengono consumati e vengono quindi buttati?» Detta semplicemente così sembrerebbe la dittatura del pecorino crotonese. Ma le motivazioni e l'etica del cibo che spinge l'Azienda Fonsi, unica produttrice in provincia di Cosenza del pecorino crotonese dop, tra l'altro l'unico biologico dell'intera filiera, vanno oltre la semplice "imposizione" di un prodotto autoctono e si barricano nella difesa dell'identità.

«Nessuno nel centro-nord Italia – dicono dalle alture di Colle dell'Unna, nel comune di Paludi, dove sorge l'azienda – avrebbe mai osato o oserebbe sostenere, in nessuna sede e per nessun motivo, presunte esigenze e richieste di quel tenore e così formulate, per formaggi o per qualsiasi loro altro prodotto agro-alimentare, considerati sintesi, immagine e cifra della storia, dell’identità e dell’economia dei loro territori».

Il problema, ovviamente, è culturale; il concetto di alimentazione - forse errato o forse no! -  fonda le sue basi su alcuni capisaldi inamovibili, come ad esempio la "regola" che sulla pasta asciutta vada fatta obbligatoriamente una spolverata di parmigiano o di grana. Perché? Perché non un altro formaggio locale, altrettanto buono e salutare?

Da qui la presa di posizione forte dei fratelli Fonsi che, sicuramente, scendono in campo per difendere il loro core-business ma che, in questo caso, concilia perfettamente con quella battaglia - delle quale dovremmo essere tutti consapevoli - per la tutela del prodotto Made in Calabria. «Alle nostre latitudini - dicono - circolerebbero improbabili richieste che pretenderebbero escludere i formaggi calabresi e che, se confermate, fotograferebbero purtroppo la rinuncia preventiva ed oicofobica ad ogni impegno di educazione alimentare che dovrebbe invece essere tra i pilastri pedagogici della scuola pubblica nazionale». E da quanto ne sappiamo questo sta accadendo in alcune scuole di Corigliano-Rossano.

Per anni, in città, ci si è lamentati del fatto che le mense scolastiche servissero alimenti "troppo commerciali". Addirittura al limite della salubrità! Sono state fatte crociate contro tutte le Amministrazioni Comunali del territorio (di qualsiasi colore e inclinazione) affinché imponessero menù più consoni e a km0 (le pagine dei giornali locali sono piene di denunce e lamentele). Ora, però, che buona parte (non tutti) dei Comuni si sono adeguati a quella che è una giusta e sacrosanta rivendicazione delle famiglie, per i loro figli, si assiste ad una regressione. Oggi le richieste sono: zero Pecorino e più Parmigiano (la cui produzione è così ampia che sarebbe impossibile andarne a ricostruire la vera filiera che arriva sulla tavole dei nostri bambini) «essendo che - si legge nella missiva di un genitore inoltrata al sindaco Stasi - la maggioranza dei bambini non mangia il Pecorino». 

A questo punto sorge più di un quesito in ogni persona di senno: cosa accadrebbe se analisi (si fa per dire) del genere venissero avanzata per la presenza, nelle mense scolastiche di altre regioni, di formaggi padani, alto-atesini, umbri, valdostani, piemontesi o liguri? Ma soprattutto, se è vero che la formazione passano anche dal cibo che viene servito nelle scuole, qual è il miglior strumento per educare i nostri figli a mangiare sano e genuino e a prediligere i prodotti locali?

E questo vale per il pecorino crotonese quanto per la carne podolica, per il pesce azzurro dello Jonio quanto per l'olio EVO delle colline della Sila greca e per le clementine della Piana di Sibari. Insomma, l’introduzione anche (ma non solo) del pecorino crotonese che soltanto fino a pochi mesi fa era stata presentata e promossa come una della grandi ed importanti novità del continuo miglioramento della proposta identitaria nel servizio mensa di Corigliano-Rossano, gestito dalla Scamar Srl, per alcuni dovrebbe essere qualcosa addirittura da correggere; «magari in omaggio - sottolineano i fratelli Fonsi - ai cliché ideologici della grande distribuzione organizzata, della comunicazione commerciale massiva o peggio della diffusione incontrastata del cibo spazzatura, anche e soprattutto nelle scuole».

Purtroppo continuiamo a rimanere un popolo tafazzista 

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.