Industria nel porto, Baker Hughes nel limbo. Ma potrebbe essere solo questione di giorni
A Catanzaro quanto a Gioia Tauro e Firenze è tutto pronto per aprire i cantieri. Manca approvazione di Stasi che in queste settimane è impegnato su tre fronti: sviluppo porto, garanzie marineria peschereccia e ricaduta economico-occupazionale

CORIGLIANO-ROSSANO – La vicenda Nuovo Pignone - Baker Hughes nel Porto di Corigliano-Rossano si è impantanata nel limbo. Ma se tutto sembra essersi fermato al 19 gennaio scorso, quando il management dell’azienda italo-americana alla stazione marittima ha presentato il progetto industriale da insediare nella grande darsena jonica, il lavoro della burocrazia non si ferma. Infatti, mentre a Gioia Tauro, sede dell’Autorità portuale di sistema, le carte sono tutte pronte – con la benedizione della Regione Calabria - per dare il via libera ai lavori e a Firenze, nella sede aziendale italiana della multinazionale, i soldi sono già in “cassaforte” per essere investiti nella Sibaritide, negli uffici del Comune di Corigliano-Rossano, invece, si lavora per perfezionare il parere all’intervento industriale.
Quello che dirà Stasi, alla fine, se esprimerà un parere positivo o negativo sull’insediamento, non si sa. Le bocche restano cucite e gli animi in attesa. È certo, però, che in molti (forse non tutti ma sicuramente la maggior parte) nella maggioranza che sostiene il primo cittadino e più in generale nelle rappresentanze istituzionali cittadine, sono favorevoli all’investimento. Ovviamente con le giuste garanzie per il territorio. E su questo, sulla concertazione, il Comune starebbe lavorando proprio in questi giorni.
Un porto senza regole
Innanzitutto ci sono da chiarire gli indirizzi urbanistici del Porto, che regge su un piano regolatore vecchissimo (del 1971) mai di fatto implementato o aggiornato e che a breve, per effetto delle procedure di commissariamento del sistema di gestione dei porti calabresi, sarà aggiornato con il Documento di pianificazione strategica di sistema che è prodromico al Piano regolatore (il nuovo è in fase di sviluppo e sarà approvato nei prossimi mesi). Quindi, di fatto, è come se un piano regolatore, ad oggi, il porto non lo avesse o – meglio – lo ha, prevede anche l’insediamento di attività industriali ma è decontestualizzato dal tempo, avendo ormai oltre 50 anni. Tantomeno, per quanto se ne sa, lo stesso PR portuale può essere bypassato dal Piano strutturale associato, in quanto il territorio non ha competenze dirette sulla struttura.
E anche su questo sta “studiando” l’Amministrazione comunale, dal momento che del Piano regolatore portuale, all’interno delle stanze del Municipio, si era persa completamente traccia ed è stato ri-protocollato dall’Autorità di sistema solo qualche settimana fa (anche dopo una mediazione fatta direttamente dal presidente Occhiuto, ma questa è un’altra storia).
I temi della concertazione
Dicevamo della concertazione. Se da un lato è vero che Stasi può toccare palla fino ad un certo punto sulle questioni che afferiscono il Porto, è altrettanto vero che, attorno allo scalo marittimo, gira tutto un mondo sul quale il Comune ha egida totale. Pertanto, realizzare un impianto senza avere la buona pace del vicino di casa non è conveniente, per nessuno. Questo lo sa la Regione Calabria, lo sa l’Autorità portuale di Sistema, lo sa – ovviamente – Nuovo Pignone BH ma lo sa anche il primo cittadino. Che, senza dubbio, vuole “contrattare” una convivenza quanto più proficua per il territorio e soprattutto per la città.
Lo sviluppo infrastrutturale del porto
Fugato ogni dubbio sull’impatto ambientale dell’impianto (che di fatto non aveva ragione d’esistere) e sull’occupazione delle banchine da parte di Nuovo Pignone-BH, ci sarebbero da mettere a posto un altro paio di cosette. Anzi tre. La prima riguarda i progetti di sviluppo previsti per il porto. La banchina crocieristica su tutte, che dovrà essere realizzata e per la quale occorrono anche delle nuove risorse fresche. I 12 milioni di euro messi sul tavolo, ormai più di dieci anni fa, per la realizzazione della struttura non bastano più; ce ne vorrebbero almeno il doppio. E per questi ci sarebbe un impegno non scritto della Regione Calabria a trovare le risorse. Anche se a Corigliano-Rossano una banchina crocieristica, ad oggi, sarebbe del tutto inutile. Innanzitutto perché, nonostante si continui a parlare (spesso a vanvera) di turismo, qui non c’è ancora una destinazione globale (nella piccola e sperduta Cefalonia sono riusciti a crearla attorno alle tartarughe!) che possa attrarre flussi. In secondo luogo, con gli stessi soldi che occorrono per realizzare la banchina crocieristica si potrebbe strutturare una stazione logistica per le crociere lungo la inutilizzata banchina 1, che non è solo la più lunga ma rappresenta, tra l’altro, quella più prossima al borgo di Schiavonea, creando qualcosa di appetibile per le compagnie da crociera che farebbero scalo per un’utilità.
Garanzie per la marineria peschereccia
La seconda questione, riguarda la marineria peschereccia. Occorrono garanzie affinché il mondo della pesca continui ad operare all’interno della struttura senza alcun intoppo che possa derivare dalla nascita di un’industria all’interno del Porto. Gli spazi per una sana convivenza ci sono tutti ma soprattutto pare non ci sia alcun veto o preconcetto nei confronti di quella che è una delle realtà pescherecce più importanti dell’intero Mediterraneo. Forse bisognerà solo creare nuove abitudini, come quella di abolire l’accosto delle navi prediligendo un ancoraggio di poppa o di prua.
Le ricadute economico-occupazionali
Terza e ultima questione riguarda le ricadute sociali, economiche ed occupazionali di Nuovo Pignone BH a Corigliano-Rossano. La nuova industria verrà su nell’arco di un anno prima di iniziare a produrre, sarà necessario quindi partire da subito con i corsi di formazione del personale. L’obiettivo, infatti, dovrà essere quello di avere all’interno del sito di produzione tutta forza lavoro locale, ovviamente specializzata e che inneschi quel processo di dignità occupazionale di cui il territorio ha necessariamente bisogno. Una forza lavoro (si parla di un impiego lavorativo di quasi 200 unità) che, inoltre, potrebbe generare una propulsione su tutta la catena occupazionale che graviterebbe attorno all’indotto. Un indotto che oggi manca, non c’è e che può essere creato – dicevamo – solo con una sana concertazione.
Insomma, si potrebbe assistere ad una nuova Generazione Enel, quella che negli anni ’70, innescò un processo di sviluppo incredibile nell’area di Rossano. Con una differenza: all’epoca fu un commissario prefettizio a contrattare, oggi c’è un Sindaco e un’Amministrazione comunale che, certamente, hanno un maggiore potere contrattuale.