Se Cosenza diventa competitiva, Corigliano-Rossano continua a sparire
C'è un fenomeno di migrazione interna che non smette di alimentare il disappunto verso le scelte politiche e sociali della nostra città. Perché anche il nostro capoluogo continua ad essere un'alternativa valida mentre noi continuiamo a sprofondare?
CORIGLIANO-ROSSANO – L’arrivo del nuovo anno è sempre ricco di buoni propositi. Per la nostra città sarà l’anno «delle verità svelate», quelle che dovrebbero far ripartire il territorio e rilanciare la città.
Una città che, ahinoi, soffre ogni giorno a causa di un fenomeno che sembra inarrestabile: la copiosa emorragia di giovani che decidono di partire per cercare fortuna altrove. Un effetto legato ai problemi di natura economica, strutturale, infrastrutturale e culturale del territorio che costringe tanti, troppi a fare le valigie e andar via. La meta, però, non è sempre così lontana. Anzi, a volte un buon compromesso e un tiepido posto al sole lo si può trovare proprio dietro l’angolo.
È il caso di Cosenza, la città capoluogo di provincia che negli ultimi anni sta registrando notevoli consensi sia per quel che riguarda lo stile di vita che per il fermento che si sperimenta in vari contesti della vita cittadina.
Questa eccezione, seppur non rappresenti un eldorado, dovrebbe far riflettere la nostra classe dirigente sui fattori che determinano il miglioramento delle condizioni di vita di chi abita un dato luogo e su quali siano state le azioni messe in campo dalla classe politica del passato per rendere la città più competitiva rispetto alle realtà circostanti.
Ci rendiamo conto, è chiaro, che spiccare in un contesto difficile non richiede grossi sforzi ma il miglioramento registrato a Cosenza negli ultimi decenni è innegabile. Per tanto ci siamo chiesti, che alternativa è stata ed è il nostro capoluogo di provincia per chi ha deciso di trasferirsi?
A raccontarcelo, due giovani di Corigliano-Rossano che si sono trasferiti a Cosenza per studiare e lavorare e che hanno, poi, deciso di rimanere.
«Sono ormai quattro anni – racconta Matteo – che lavoro e vivo stabilmente a Cosenza. Ho studiato fuori ma poi sono tornato e questa città mi ha offerto molto più di quanto potessi immaginare. Sicuramente ho vissuto il trasferimento con una punta di pregiudizio; Siamo sempre inclini a pensare che le nostre città del sud non possano restituirci nulla di buono. Invece, devo ammetterlo, questa città è sulla buona strada. È viva e dinamica, culturalmente vivace (complice la presenza dell’università) e piena di ragazzi. Si passeggia, si esce e i cinema e i teatri sono frequentati. I locali aumentano a vista d’occhio e si ha la sensazione che il potere economico dei cittadini sia sopra la media territoriale. Il trasporto locale, nonostante gli annosi problemi che affliggono la società che li gestisce, è garantito, mentre l’accesso alla mobilità che riguarda treni, aeroporti e autobus è tutto sommato agevole se paragonato alla situazione in cui versa Corigliano-Rossano. Le manca il mare ma nessuno è perfetto!».
Un ritratto positivo, dunque, e misurato che tiene conto del contesto e non risparmia la nostra città. È il profilo di una città in crescita, che prova ad emergere e che continua a godere dei benefici derivanti dalle scelte del passato rivelatesi cruciali per il futuro della città. Questo le ha consentito di sopravvivere, nel tempo, agli alti e bassi della classe politica: il meccanismo di crescita innescato ha proseguito, indisturbato, la sua corsa.
Tra le intuizioni più importanti che hanno fatto la fortuna di Cosenza c’è sicuramente l’università. «La mia esperienza in questa città – ci conferma Francesca – è iniziata dieci anni fa, ai tempi dell’Università. Ho studiato all’Unical e la vita del campus è stata un’esperienza indimenticabile. Credo sia il valore aggiunto di questa parte di Calabria. È la prova, per me, che i centri culturali possono fare la differenza. Restituiscono alla città un volto nuovo e spalancano le porte alla cultura. Arrivano studiosi e ricercatori da tutto il mondo che arricchiscono e impreziosiscono il lavoro di studenti e docenti. La nostra capacità sta nell’accogliere e sfruttare queste opportunità».
«Oggi – aggiunge Carlo – vivo e lavoro qui e non mi pento di essere rimasto. Tanto c’è ancora da fare ma la sensazione, rispetto ad altri luoghi come Co-Ro, è che esiste, anche se piccolo, un margine di crescita e miglioramento. Non ci si sente completamente alla deriva ma si avverte la presenza della possibilità. A volte Corigliano e Rossano sembrano impantanate e questo demoralizza chi sta cercando di trovare la propria strada e di dare il proprio contributo. In queste circostanze il rischio è che a scappare siano non solo coloro che vogliono partire ma anche coloro che, invece, vorrebbero restare»
Se per Cosenza tutto questo rappresenta un vantaggio per noi di Corigliano-Rossano è sicuramente una sconfitta. È svilente pensare che a pochi chilometri da noi esistono realtà che, nonostante il comune retroterra e il medesimo contesto, sono riuscite ad ottenere qualcosa in più che le ha rese competitive. Se un giorno dovessimo renderci conto che la nostra vocazione non è quella di una città che si insista allora su uno sviluppo che valorizzi la nostra dimensione paese. Se il nostro punto di forza sono i centri storici, il mare, la montagna, l’agricoltura, il turismo, che si proceda in tal senso. Bisogna, insomma, avere una visione concreta e reale di cosa vogliamo essere, è una decisione che non possiamo più rimandare.