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Criminalità e dovere civico dei cittadini: «Bisogna ripartire dalla consapevolezza e dalla responsabilità individuale»

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CORIGLIANO-ROSSANO – Uno Stato che spezzi la visione strumentale e servile del potere e che infonda fiducia nei cittadini. Questi i punti salienti dai quali ha preso il via l’intervista concessa dal Procuratore Capo della Procura di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, alla nostra testata durante la scorsa puntata dell’Eco in Diretta (rivedila qui).

Una sfida ma anche un monito per tornare a credere nelle istituzioni richiamando alla compartecipazione attiva. Partendo da una valutazione sommaria del contesto, il Procuratore D’Alessio ha ribadito la necessità di scardinare alcuni retaggi culturali e di far funzionare al meglio gli uffici della magistratura che operano in questa parte di Calabria che presenta un’area di competenza piuttosto vasta: «C’è molto lavoro da fare. Le istituzioni devono recuperare terreno ma anche i cittadini devono essere chiamati a farlo. Questo, in realtà, compete poco alla magistratura e molto più a tutte quelle istituzioni “di promozione sociale” che operano a servizio della collettività. Quando ci fu il mio insediamento dissi che c’è bisogno di una maggiore assunzione di responsabilità in tal senso, e lo ribadisco, sia da parte dei cittadini che delle istituzioni perché il sud, negli anni, ha perso la fiducia nello Stato. Ecco, noi non dobbiamo arrenderci a questa deriva».

Il profilo del cittadino medio che viene fuori da queste prime battute ricalca la tendenza, registrata anche in altri ambiti, secondo la quale l’individuo contemporaneo tende a deresponsabilizzarsi e a delegare a terzi le proprie scelte, sottraendosi a qualsivoglia tipologia di partecipazione e collaborazione civile votata al cambiamento. Questo crea cittadini incapaci di riconoscere le proprie responsabilità nei processi di deterioramento sociale, attribuendo la colpa ora alla politica, ora allo Stato.

Per confermare il valore della collaborazione tra parti (istituzioni e cittadini) e della partecipazione attiva, il Procuratore fa riferimento al tipo di scambio che deve sussistere tra le due realtà: «Il rapporto – afferma – deve essere osmotico e il cambiamento, è chiaro, deve avvenire da entrambe le parti. Solo così possiamo spezzare la visione servile che abbiamo del potere, in cui si cerca di sfruttare il legame con il potere stesso per aggirarlo e bypassarlo».

Questa protervia nei confronti dello Stato rischia di alimentare nei cittadini quel sentimento di diffidenza e sfiducia tipico del nostro tempo. Se a questo aggiungiamo poi alcuni luoghi comuni legati alle azioni di denuncia che spesso si traducono in mancanza di tutele e sicurezza del cittadino ecco che allora lo Stato appare sempre più lontano e la narrazione su di esso sempre meno rassicurante.

«Io credo – ha sottolineato il Procuratore - che la perdita dell’efficacia dell’azione investigativa si realizza proprio a causa di questo atteggiamento di affidamento parziale del cittadino che omette alcuni particolari nelle ricostruzioni dei fatti che denuncia, e che collabora solo fino ad un certo punto per paura di ritorsioni. Il cittadino deve comprendere che il suo modo di agire è determinante per il buon esito di un’indagine».

La narrazione leale è dunque un dovere così come lo è il denunciare. Questo modello di civiltà e democrazia garantisce anche un altro tipo di protezione indiretta che subentra nel momento in cui gli strumenti normativi risultano inefficaci.

Ma come rassicurare, dunque, il cittadino che denuncia e vede il criminale a piede libero nel giro di poco tempo, rafforzando quell’idea di depenalizzazione dei reati? «Chi delinque – spiega D’Alessio – di solito teme di essere colto in flagrante dalle Forze dell’Ordine. Se invece maturasse, tra i cittadini, la consapevolezza di essere parte attiva della società diventando quelle che definisco “sentinelle della democrazia” allora il criminale temerebbe anche gli occhi puntati dei cittadini che diverrebbero un potente deterrente».

Secondo questa visione, il cambiamento deve essere culturale e sociale e deve far leva sulla responsabilità del singolo. L’alibi della mancanza di sicurezza del denunciante si è esteso a qualunque tipo di reato. Così facendo si è giunti a mafizzare ogni azione illegale commessa che resta per questo non segnalata e quindi impunita. In più, l’idea-soluzione di presidiare un territorio in maniera capillare dispiegando forze militari e forze dell’ordine, come molti suggeriscono, ci pone difronte, se non ad una sconfitta, sicuramente ad una crisi del vivere democratico.

«La cultura omertosa che ci portiamo dietro a causa delle dominazioni che abbiamo storicamente subito ci mette in condizione di guardare al potere altro con sospetto. Per tali ragioni cerchiamo sempre di scendere a patti col potere e questa idea va sradicata».

Per arginare questo fenomeno e far avvertire ai cittadini la presenza dello Stato appare cruciale il ripristino dei presidi di giustizia. Corigliano-Rossano, con la soppressione del Tribunale, si è ritrovata sfornita del suo presidio di legalità. Come sta reggendo la grande procura di Castrovillari (prima in Calabria per estensione e seconda in Italia) in termini di efficienza ed efficacia del lavoro? La riapertura dell’ex tribunale di Rossano potrebbe apportare dei benefici anche in tal senso? «A riguardo – chiarisce - mi preme sottolineare una cosa: qualora ci fosse questa possibilità (ed è importante per un territorio come questo) la cosa importante da ribadire è che vengano attivate strutture efficienti e parametrate sui bisogni reali. Per quel che concerne invece il lavoro posso affermare che dal 2021 siamo una delle procure più produttive d’Italia. L’indice di produttività di un ufficio giudiziario si ricava dal rapporto tra le sopravvenienze e le definizioni, noi stiamo definendo di più abbattendo l’arretrato. I colleghi stanno facendo uno sforzo enorme ma questo territorio è difficile da gestire con un organico di 10 magistrati. Mi batterò, nel limite delle mie possibilità, affinché questo organico venga ampliato».

 

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.