Terzo Megalotto, la protesta dei sindaci sulle opere compensative è un buco nell'acqua
L'unico modo per rimettere in gioco le aspettative dei comuni (molte delle quali fuori dalla logica degli interventi previsti dal Cipess) sarebbe quella di rinunciare alla demolizione del viadotto Pagliara. Nuovi svincoli? Vanno delocalizzati

TREBISACCE – La protesta dei sindaci dell'Alto Jonio cosentino, barricatisi ieri nella sede della Prefettura di Cosenza per chiedere l'assegnazione dei fondi delle opere di compensazione del costruendo terzo megalotto della Statale 106 Sibari-Roseto, rischia di essere un buco nell'acqua. Le rivendicazioni dei primi cittadini, infatti, non trovano “sostegno” nelle prescrizioni del Cipess ma soprattutto hanno un indirizzo differente rispetto agli esiti della Conferenza dei servizi definitiva convocata all'alba dell'approvazione del progetto esecutivo della nuova quattro corsie a nord di Sibari. I nodi della questione sono principalmente tre: l'entità degli interventi di compensazione ambientale, l'attribuzione delle risorse (18,5 milioni in totale), la realizzazione di nuovi svincoli.
Che la realizzazione di una palestra piuttosto che la riqualificazione di una chiesa non fossero interventi da poter inserire nel quadro delle opere da realizzare per compensare l’impatto ambientale della nuova SS106 lo avevamo scritto già nell’aprile scorso. Da allora, ad oggi, però rispetto alle richieste, anche curiose, dei territori su come investire quei quasi 19 milioni di euro derivanti dal grande progetto di ammodernamento della statale, di passi avanti pare non ne siano stati fatti.
Già, perché i comuni continuano a chiedere una suddivisione e attribuzione delle risorse per singolo comune così da procedere autonomamente agli interventi. Procedura, questa, non prevista dal Codice degli appalti, in quanto le opere compensative per la mitigazione ambientale devono essere realizzate nell'ambito dei lavori e solo qualora il soggetto attuatore dell'opera non fosse in grado di poterle realizzare allora si potrebbe passare ad un affidamento delle risorse. Come lo è stato nel caso del parco di Sibari che ha ottenuto il 50% del fondo per la realizzazione di un'ampia attività archeologica i cui lavori non erano nella pancia di Anas.
C’è, però, un motivo di fondo che tiene bloccata l'intera vicenda: la demolizione del viadotto Pagliara. Cosa succederà alla grande infrastruttura che sovrasta Trebisacce una volta che il traffico della SS106bis che attualmente scorre su quel ponte sarà dirottato sulla nuova strada? L’Amministrazione comunale trebisaccese guidata da Sandro Aurelio pare intenzionata a tenere dritta la linea che fu già dell’esecutivo Mundo, quella di procedere alla demolizione del grande manufatto di cemento armato. E per questo intervento approvato dal Cipess e inserito come prima opera di mitigazione ambientale del terzo megalotto occorreranno quasi l'intera cifra dei fondi previsti nella compensazione.
È vero, nel 2014 i sindaci degli altri comuni, da Cassano Jonio a Roseto Capo spulico, chiesero l'individuazione di nuove risorse (diverse da quelle di compensazione) per effettuare la demolizione del viadotto. Poi, però, nel 2020, sia la Regione Calabria che la Provincia di Cosenza, insieme agli otto comuni dell'Alto Jonio, diedero via libera al parere della Commissione tecnica del Ministero dei Trasporti che inquadrava tra le opere di mitigazione ambientale del terzo megalotto, sia la demolizione del viadotto Pagliara che la riqualificazione del sistema pedonale e ciclabile nel comune di Villapiana. Ecco spiegato il perché, ieri, alla protesta dei sindaci in prefettura mancava il sindaco di Trebisacce, Alex Aurelio, persuaso più che mai che la demolizione di quell'opera di cemento armato che pende sulla testa dell'intero borgo marinaro, vada fatta ora e subito senza attendere ulteriori progetti o finanziamenti.
Come fare, allora, ad uscire da questo cul-de-sac? Ci sarebbero più soluzioni, che passano però tutte dal trovare un accordo territoriale tra comuni (operazione, questa che non può essere demandata a nessun altro ente, men che meno ad Anas). Atteso che quanto paventato da qualche amministratore – cioè, dividere la somma tra i comuni quasi come se fosse un risarcimento – appare un’ipotesi alquanto remota e forse anche impraticabile. Una cosa è certa, la maggior parte delle opere proposte fino ad oggi dalle Amministrazioni comunali sono impraticabili perché – per quanto sottolineato dal Tavolo tecnico – non rispondono ai requisiti di mitigazione ambientale.
Sulla vicenda degli svincoli, invece, l'unica via perseguibile rimane quella tracciata nei mesi scorsi dalla Regione Calabria: chiedere la delocalizzazione degli stessi con l'inserimento della loro realizzazione nel nuovo contratto di programma. Insistere sulla realizzazione delle uscite sui siti bloccati dal Cipess farebbe perdere solo ulteriore tempo