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Roberto Tavernise, l'ultimo dei calzolai. Dopo di lui a Rossano questo mestiere potrebbe estinguersi per sempre

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CORIGLIANO - ROSSANO - L’ultimo dei calzolai. Scarpaio da tre generazioni, prima lo era stato il nonno, poi suo padre – mastro Tonino Tavernise – mentre dal 2003 è stato lui, Roberto, a prendere in mano le redini dell’attività di famiglia e, in un certo senso, ad adattarsi alle richieste del mercato. Già, perché se negli anni del nonno e del padre erano più le scarpe che si facevano artigianalmente di quelle comprate belle e fatte e pronte per essere vendute al cliente, oggi è l’esatto opposto.

Roberto, nella sua bottega nel quartiere di San Domenico, di scarpe artigianali non ne fa più, però è sempre pronto con gli attrezzi del mestiere e il suo sorriso rassicurante a dare una seconda vita alle nostre scarpe ora cambiando dei tacchi, oppure rimpiazzando le suole o ancora a sostituire le tracolle delle borse.

«Ma Rossano non è Milano. O meglio – si corregge – non è un posto dove c’è molta gente». Per dare continuità a questo mestiere, sostiene Roberto, bisogna avere il negozio dove c’è flusso. Dove c’è passaggio. E, come è noto a tutti, il centro storico di Rossano non rientra di certo tra quei posti brulicanti di vita. Eppure lui, come altri esercenti, poteva scendere allo Scalo. Ma non lo ha fatto. «Ho preferito restare qui, le mura sono le mie e ormai, dopo tutti questi anni, ho la mia clientela fissa. Salgono anche dalla Stazione per farsi riparare le scarpe».

Tuttavia con i ricavi delle riparazioni si campa, ma certo non ci si guadagna. «Non sono come quella star di tik tok, il calzolaio dei maestri Ciccone. In altre città per cambiare un paio di tacchi si possono chiedere anche 12 o 15 euro. Il mio compenso è di tre euro. Un quarto di quello che si guadagna altrove». Eppure, Roberto Tavernise nel suo mestiere ci mette passione e serietà così come gli ha insegnato il padre.

«Ho frequentato la bottega fin da quando ero bambino – racconta – e ho iniziato ad affiancare mio papà molto presto. La mia testa era sempre al campo da pallone, ma i rettangoli con cui dovevo fare i conti erano quelli della pelle che acquistavamo a Cosenza per creare le scarpe».

Mastro Tonino era specializzato nella realizzazione di scarponi da lavoro, sia per operai che per agricoltori. Roberto ne conserva ancora gelosamente qualche esemplare nel suo negozio. Per dar vita a quegli scarponi, il signor Antonio impiegava circa due giorni, per lo più venti ore di lavoro. Il materiale gli veniva a costare più o meno 25 mila lire e le rivendeva poi a sessanta/settanta mila. Roberto, come detto, ormai si limita a vendere scarpe di produzione industriale – come tutti i negozi di calzature – e a fare riparazioni. «La politica del consumismo e la possibilità di acquistare scarpe anche a 15 euro, spingono i consumatori a comprare direttamente una scarpa nuova piuttosto che a ripararla». Ed è convinto che, dopo di lui, il mestiere di calzolaio a Rossano scomparirà per sempre. «Mio figlio, ora adolescente – spiega – non ha nessuna intenzione di continuare la tradizione e portare avanti l’attività. E’giovane, magari cambierà spesso idee e progetti, ma per il momento sembra attratto dal mondo dell’informatica».

E così, quando Roberto Tavernise deciderà di appendere al chiodo non gli scarpini, ma pinze e attrezzi del mestiere, allora a Rossano scomparirà definitivamente quell’odore di cuoio e pelle che rimanda ad arti e mestieri sempre più lontani nel tempo.

Valentina Beli
Autore: Valentina Beli

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” diceva con ironia Luigi Barzini. E in effetti aveva ragione. Per chi fa questo mestiere il giornalismo non è un lavoro: è un’esigenza, una passione. Giornalista professionista dal 2011, ho avuto l’opportunità di scrivere per diversi quotidiani e di misurarmi con uno strumento affascinante come la radio. Ora si è presentata l’occasione di raccontare le cronache e le storie di un territorio che da qualche anno mi ha accolta facendomi sentire come a casa. Ed io sono entusiasta di poterlo fare