Ferrovie, altro che Napoli-Milano: un pendolare per muoversi da un capo all'altro della Calabria jonica impiega 5 ore
Spostarsi fuori regione dalla Sibaritide è più semplice che muoversi all'interno dei confini calabresi. Abbiamo provato ad immedesimarci in un pendolare che da Melito Porto Salvo deve raggiungere Trebisacce: un viaggio grottesco e da incubo

CORIGLIANO-ROSSANO – Certo che noi la scelta di Giuseppina - balzata nelle ultime ore agli onori delle cronache - di prendere ogni mattina all’alba il treno da Napoli per arrivare a Milano e fare la bidella in una scuola, non la potremmo mica fare. Decisione coraggiosa, per alcuni versi folle. Ma lei, poco più di mille e duecento euro al mese, si è fatta i conti in tasca e preferisce pagare un abbonamento del treno piuttosto che una stanza a Milano. Opzione che le costerebbe molto di più e a quel punto il gioco non varrebbe la candela.
Ma torniamo in casa nostra. Noi, non soltanto avremmo grosse difficoltà a fare i pendolari e a recarci dal nostro territorio fuori regione per andare a lavorare. Conosciamo tutti molto bene i pochissimi treni ad alta velocità che passano da Sibari verso le altre destinazioni. Ma il limite più grande, lo incontriamo per spostarci sul nostro territorio. Anzi, sulla fascia jonica.
Ponendo il caso di voler partire da Melito Di Porto Salvo, sulla punta meridionale della Calabria ma ancora sul versante Jonico, per arrivare a Trebisacce nella Calabria jonica del nord-est, ci si dovrebbe armare di tantissima pazienza. Per percorrere 300 km il nostro intercity impiega 5 ore. Anzi, 4 ore e 52 minuti ad essere pignoli. Ritardi permettendo. La nostra Giuseppina, per fare più del doppio dei chilometri (770), impiega lo stesso tempo. Anzi, sempre per essere precisi, ancora meno. Stiamo parlando di 4 ore e 30 minuti.
Ora: vogliamo paragonare città come Napoli e Milano ai nostri due comuni? Certamente no. Ma il viaggio di Giuseppina tocca 5 regioni italiane. Noi impieghiamo lo stesso tempo per muoverci soltanto all’interno della Calabria e per giunta lungo la stessa costa. Un’odissea che scoraggerebbe anche il più fervido innamorato disposto a tutto per raggiungere la sua dolce metà. Non soddisfatti, proviamo allora a vedere la stazione di Reggio Calabria, prima città della regione per numero di abitanti. Magari ci sono più servizi. Bene, da qui per arrivare a Trebisacce ci vuole ancora di più: cinque ore e un quarto.
Morale? Stapìt'v a rà casa.
E allora forse non è folle Giuseppina, che investe una parte dei suoi anni in sacrifici, trascorre la porzione più grande della giornata in treno e stringe i denti aspettando il trasferimento o un’occasione migliore nella sua città.
La vera follia è quella di non poter scegliere. Di non essere liberi di muoversi. Di essere ostaggio di un’Italia a due velocità che continua a vedere una crescita disomogenea del pil dividendo ancor di più un Paese che dal 1861 è unito soltanto sulla carta. Ma chi può pensare al Sud se non, in prima persona, coloro che ci vivono?
Cittadini, amministrazioni, associazioni, rappresentanti del territorio che ora siedono in Parlamento. La politica del cambiare tutto affinché tutto resti com’è di gattopardiana memoria ha già fatto fin troppi danni. La mancanza di infrastrutture, servizi e con essa l’assenza di pari opportunità rispetto al resto della penisola è talmente stato assorbito e accettato da essere diventato un qualcosa di endemico. Di normale.
Ad avercene almeno un pizzico di quella sana follia di Giuseppina.