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Mercato delle Clementine, la guerra in Ucraina ha dimezzato del 50% l’export degli agrumi dalla Sibaritide

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CORIGLIANO-ROSSANO – Il mercato delle clementine della piana di Sibari nel 2022 perderà - d'emblée – quasi il 50% dei profitti derivanti dall’export. La guerra in Ucraina, infatti, è stata una mannaia anche per la florida e mai ben organizzata economia agrumicola di Corigliano-Rossano e, più in generale, della Sibaritide, dedita alla produzione del tipico agrume.

Non ci sono ancora dati ufficiali ma il trend di quest’anno, almeno per quanto riguarda l’esportazione, dovrebbe essere in forte ribasso. Anche perché tra i maggiori consumatori (o trasformatori) di Clementine ci sono proprio le popolazioni dell’Ucraina. Si stima che addirittura un 30% della produzione impacchettata per andare all’estero finisca proprio nel Paese dell’Est Europa. Anche se la voce grossa sui mercati extranazionali continuano farla Germania, Austria e Romania. La guerra, però, e quindi anche gli aumenti spropositati dei costi per i trasporti e la logistica che ne sono derivati, pare stia rallentando anche la vendita in queste nazioni con una perdita di circa il 20% sul totale.

Insomma, una scure che vale quasi il 50% dell’export con una perdita di diversi milioni di euro per i produttori della Piana. A questa tendenza in perdita, inoltre, va aggiunta anche la sospensione (ormai da qualche anno) del mercato Russo dove non arriva più l’oro giallo della Sibaritide per via di veti e sanzioni.

L’unico sorriso per gli agrumicoltori arriva dal Medioriente e in particolare dagli Emirati Arabi dove, invece, i canali di commercio dovrebbero riaprirsi fra qualche settimana seppur non in forma prioritaria. Anche su quei mercati, infatti, a fare la voce da padrone sono i mandarini spagnoli. Che non sono Clementine – ovviamente – ma pur sempre agrumi spendibili per qualità a basso prezzo. E questo perché nel mercato agrumicolo jonico continua a rimanere il vuoto di una certificazione, quello dell’Igp di Calabria, che a conti fatti sui mercati non ha alcun valore. Perché? Semplicemente manca un’azione di marketing, una narrazione, una promozione concreta del prodotto calabrese e della Piana di Sibari che gli faccia acquisire nella percezione dei mercati il suo vero valore. Quei pochi produttori che riescono a piazzare la clementina ad un prezzo giustamente alto e confacente al suo valore, esplorando vie solitarie e autonome, lo fanno perché raccontano il proprio storytelling fatto di genuinità, produzione semplice e biologica e tantissima cura sia del frutto che del suo albero. Immaginate cosa potrebbe accadere se questa azione di mercato, fatta oggi con coraggio ma in solitaria, venisse fatta su scala consortile e territoriale: la clementina di Corigliano-Rossano acquisirebbe immediatamente il suo vero valore, si creerebbe un cartello fortissimo (non solo per qualità ma anche per quantità), si scalzerebbe la concorrenza degli spagnoli (che a conti fatti hanno solo quantità) e qui, nel parallelo della Sibaritide, si potrebbe vivere benissimo di agrumicoltura. Ma così non è. Con la stessa sorte che vive la cultivar olivicola de La Dolce di Rossano. Siamo un popolo di disorientati senza consapevolezza.

E forse sarebbe proprio la chiave di un consorzio che potrebbe aprire la grande porta dell’export nel profondo occidente, negli Stati Uniti. Chi ha provato questa strada (sempre in solitaria) non ha mai osato più di tanto. Dato che per muovere le clementine dalla Sibaritide verso gli States il mezzo più economico (con grandi quantità) sarebbe la nave. Ma via mare il viaggio avrebbe tempi troppo lunghi e il rischio di far arrivare a destinazione un prodotto da macero sarebbe elevatissimo. Diverso sarebbe se un gruppo di produttori, un consorzio appunto, si organizzasse per percorrere la via dei cieli. Un aeroporto commerciale sullo Jonio si potrebbe mantenere con il solo export dei prodotti autoctoni, clementine e olio su tutti. Per non parlare, poi, di tante altre produzioni lavorate (i panificati ad esempio) di cui oltre oceano, e non solo, ci sarebbe tantissima richiesta. Anche solo per rifornire i tantissimi expat che vivono nelle Americhe. Gli spagnoli – anche in questo caso – lo hanno fatto e l’economia agricola iberica, seppur portata a livelli di stress e sfruttamento altissimo da parte delle multinazionali, continua a rimanere in testa alle classifiche mondiali.

Non siamo la Spagna, certo, ma nemmeno una provincia Sahariana!

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.