Gli invisibili. La casa popolare è inagibile, va al Comune ma le porte per lei sono sbarrate
I mille e uno tentativi di Francesca per essere ascoltata dal sindaco di Corigliano-Rossano: «Mi dicono che devo aspettate. Ma aspettare cosa?»

CORIGLIANO-ROSSANO – Inutile suonare qui non vi aprirà nessuno, Celentano docet. Anzi, canta. Francesca anche questa mattina è passata al Comune, non è riuscita ad incontrare il sindaco né ha ottenuto alcuna informazione riguardo il suo caso. Oggi, proprio oggi – nella giornata contro la violenza sulle donne, quando poche ore fa il Presidente Mattarella ha esortato ad educare le nuove generazioni all’uguaglianza e al rispetto – arriva un messaggio di Francesca. «Anche questa mattina ho provato ad andare al Comune. Lo so…è inutile. Ma non so più come muovermi. Non so più dove sbattere la testa».
Ma facciamo un passo indietro. Era più di un mese fa quando la donna si è rivolta a noi per chiedere aiuto. O meglio, per chiedere ascolto. Lei, mamma di un figlio adolescente che fa i conti son seri disturbi psico-fisici e, da qualche tempo, anche con episodi di bullismo, chiede di essere ricevuta dal primo cittadino per trovare insieme una soluzione. Francesca vorrebbe un’altra sistemazione abitativa.
Come già raccontato sul nostro giornale, la donna vive in una casa popolare che le era stata assegnata, per vie traverse, molto tempo fa. L’appartamento necessita di seri lavori di ristrutturazione, il bagno è praticamente inagibile e l’impianto elettrico va messo in sicurezza. I rapporti con il vicinato sono pessimi, almeno con coloro che un tempo erano parte integrante della famiglia e adesso il destino ha messo l’uno contro l’altro. E non sono mancati episodi di intimidazioni e violenze verbali.
Francesca aveva incontrato Flavio Stasi, per caso, durante la manifestazione dei Fuochi di San Marco del 25 aprile. Lo avvicina, gli dice che aveva fatto richiesta scritta per un appuntamento durante il periodo di pandemia. Il sindaco le dice che adesso il protocollo è cambiato. La invita a fere di nuovo domanda e la rassicura che sarebbe stata chiamata presto. Era aprile. Adesso è praticamente finito novembre.
«Credimi, dice Francesca. Se non le avessi tentate tutte non mi rivolgerei a voi. È una situazione difficile. Io vado al Comune non perché non abbia niente da fare. Tutt’altro. La mia giornata è scandita prima di tutto dalle preoccupazioni per mio figlio, che oltre alle sue problematiche, i disturbi psichici, le medicine previste dalla sua terapia, adesso fa i conti anche con il bullismo. Ogni nostro spostamento, visto che non posso permettermi l’automobile, è scandito dal postale. Quindi per me, anche andare al Comune, è un viaggio».
Un viaggio a vuoto quello di Francesca, che gambe in spalla e amarezza nel cuore, di tanto in tanto compie pur sapendo che, quasi sicuramente, si concluderà con un nulla di fatto. «Ma cosa devo fare? – incalza -. Io vado nella speranza di sentirmi dire qualcosa. Mi hanno riferito che ormai richieste scritte non ne devo fare più, visto che la prassi già l’ho fatta. Devo solo aspettare. Ma aspettare cosa?»