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«Nessuna tutela per i lavoratori»: la lettera aperta di un agricoltore che lascia non pochi dubbi e domande

4 minuti di lettura

Caro direttore,

leggo con interesse, preoccupazione ed umana empatia, dello stato di agitazione delle cosiddette tute verdi, a cui va tutta la mia solidarietà. L'interesse che mi spinge a scriverLe è quello di un privato cittadino, libero professionista e produttore agricolo, che ancora una volta apprende e constata il degrado di situazioni lavorative disperate, di singoli lavoratori lasciati senza alcuna tutela sociale ed economica da parte delle istituzioni che, in primis, dovrebbero farsi carico della dignità umana, in termini di sostegno al lavoro e di garanzia salariale.

Dignità e sostegno che oggi come non mai - dati i condizionamenti macro economici in atto (dal caro carburante, al caro energia, passando per l'aumento dei generi alimentari, in una ineludibile spirale inflazionistica che sembra non aver fine) - dovrebbero essere i primi presidi e, al contempo, finalità ultima di garanzia istituzionale e sociale in uno Stato di diritto che tale voglia continuare ad essere ma le cui derivazioni periferiche territoriali spesso e volentieri - soprattutto, ahinoi, se calabresi -, smentiscono questa primordiale e virtuosa funzione.

La preoccupazione è sia per questi uomini e per le loro famiglie sia - in un inevitabile e tragico effetto domino - per tutta l'utenza dell'ente consortile che, in una parola, sono gli agricoltori, a cui è di fatto oggi negato un servizio imprescindibile e vitale, ovvero quello della erogazione dell'acqua irrigua, con conseguente pregiudizio per tutto il comparto agricolo. Infatti, a questa tragedia di uomini a cui si è tolta la dignità salariale, in un cruento e cinico gioco del destino, si accompagna - in particolare in questo periodo dell'anno - la prossima e inevitabile tragedia per chi nella terra lavora, per tutti quegli uomini e donne che per mestiere producono agrumi ed olive. Perché - come direbbe il vecchio fattore - i tempi non si sono ancora rotti!

Ergo: acqua dal cielo ancora non ne viene... e quindi è necessario irrigare! Dopo una delle estati più torride appena trascorsa, siamo in uno dei mesi di ottobre più caldi che si ricordi negli ultimi anni e gli agrumeti (quelli che qua si chiamano giardini) così come gli uliveti necessitano ancora di essere irrigati. In questa fase fenologica, il frutto è nella fase di ingrossamento e di maturazione ma se non si continua ad innaffiare tutto andrà perso. Andrà perso un intero anno di lavoro, andrà perduta un'eccellenza agrumicola (in particolare quella delle clementine della piana di Sibari, il cui marchio dovrebbe essere sempre garantito e tutelato), andrà persa la possibilità di investimenti futuri nelle aziende agricole, andrà perso lavoro e la possibilità di impiegare nuova forza lavoro per l'impossibilità di fare nuovi investimenti se non c'è stato utile nella campagna agricola corrente. Insomma un autentico effetto domino, tragico e stagnante, che chi di dovere, amministratori e dirigenti consortili e regionali, nella loro miopia istituzionale, non riescono a vedere o, ancor peggio, fanno finta di non vedere.

Per chi può, per quei pochi agricoltori che ancora potranno permetterselo e mettere mani al portafoglio, l'uso del pozzo irriguo è attualmente costante e quotidiano con inevitabile pregiudizio economico dei costi di produzione che - dato anche il caro energia - sarà a fine campagna agricola certamente superiore non solo alla produzione di un utile ma neanche sufficiente alla copertura dei costi di produzione. Altrimenti - per chi invece non può permettersi le spese di energia elettrica o un pozzo proprio non ce l'ha - il frutto resterà invenduto sulla pianta, perché piccolo, asciutto e poco appetibile. Magari (beffa che si aggiunge a beffa) quella fetta di mercato che non potrà essere soddisfatta dall'offerta delle clementine della Sibaritide sarà surrogata da una clementina spagnola o extra U.E., aprendo il mercato a nuovi fornitori, con buona pace della salvaguardia della eccellenza del nostro prodotto jonico.

Perché in tutto questo tempo si è lasciato e consentito, da parte delle istituzioni, che un ente pubblico regionale (quale è appunto il Consorzio di Bonifica dell'Alto Jonio cosentino) facesse - ed è proprio il caso di dirlo - acqua da tutte le parti, tranne che nei terreni agricoli? Perché ciò che è, oltre ogni ragionevole dubbio, una comprovata mala gestione che da anni è al collasso e genera continui disservizi per gli utenti (alias, gli agricoltori) è oggi invece percepita come emergenza laddove è in realtà simbolo di uno strutturale degrado istituzionale? Perché tute verdi e agricoltori devono subire l'incoscienza e l'indifferenza di uomini che dovrebbero essere preposti alla erogazione di un servizio pubblico e che invece restano incolpevolmente ostaggio di probabili guerre intestine di un oscuro ventre istituzionale? Dove è la dignità di questa gente che dovrebbe tutelare e garantire, per sua funzione pubblica ed amministrativa, il comparto economico per il quale ha ragione di esistere il Consorzio di Bonifica?

Eppure nel corso degli anni per gli utenti dell'ente (alias, gli agricoltori) sempre maggiori sono state e sono le richieste di contribuzione irrigua e di Bonifica: che fine fanno questi soldi se il servizio non viene erogato, se la manutenzione delle condotte idriche insistenti sui fondi agricoli non è mai attuata e se, si scopre solo oggi, la sua forza lavoro non viene neppure retribuita? Perché nessuno ha il coraggio di dimettersi, denunciare, commissariare? Auguro alle tute verdi di trovare presto soddisfazione alle loro insindacabili richieste di quanto dovuto ed alla loro dignità salariale, con la speranza che, in questo triste gioco del destino, possa trovare la giusta tutela e garanzia tutto il comparto agricolo che dovrebbe essere servito, appunto, dal Consorzio di bonifica dell'alto Jonio cosentino ma che oggi è invece assente nella sua funzione istituzionale.

Cordiali saluti da un affezionato lettore che si firma semplicemente come Produttore agricolo.

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.