Continuiamo a crederci… nonostante tutto: a 5 anni dal Referendum sulla fusione restano solo i suoi detrattori
Unire le due più grandi città della Sibaritide per un futuro autorevole e dignitoso continua a rimanere la rivoluzione più grande di questo territorio. Ma chi l’ha patrocinata e sostenuta non si vede più. E i cittadini sono senza punti di riferimento
CORIGLIANO-ROSSANO – Il 22 ottobre 2017 per Corigliano-Rossano rimane una data indelebile, d’orgoglio, di coraggio durante la quale i cittadini delle due estinte città attraverso il voto referendario, l’arma più importante che mette a disposizione la democrazia, hanno compiuto una vera e propria rivoluzione.
Quello è stato il gesto più lungimirante che questo territorio abbia compiuto nell’ultimo secolo. E su questo non si discute.
La fusione, però, ad oggi, sembra aver lasciato solo macerie. In ogni angolo della città sembra non funzionare nulla e tutte le cose che non vanno, da una buca per strada ad un ufficio comunale che non risponde, tutto è imputabile alla unificazione dei due comuni.
Carne grassa che cola sulla brace per gli anti-fusionisti di entrambe le comunità che sventolano dal loro pulpito ragioni che possono sembrare inoppugnabili. E come dare torto a chi oggi scrive “Vergogna” a caratteri cubitali sui muri della città? È politica, politica che parla alla pancia dei cittadini. Gli stessi che - ovviamente – chiedono di vivere in una città che ad oggi non è città. Pur disconoscendo o non considerando che, eventualmente, non sarebbe stata città nemmeno senza che la fusione fosse avvenuta.
Il vero problema non sono le buche di Apollinara o l’acqua che manca perennemente a contrada Fossa o il lento morire commerciale dello Scalo di Rossano piuttosto che la disorganizzazione degli uffici a Corigliano. Questi problemi ci sono sempre stati. E lo avevano detto tutti che non li avrebbe risolti la fusione. Per questi problemi esiste la politica di governo della città che deve – sì - fare i conti con l’unificazione di un grande comune (comune più grande, problemi più grandi), ma che di riflesso è messa nelle condizioni di attingere a risorse, ad opportunità, a privilegi che prima le due singole realtà municipali nemmeno potevano sognare di avere. E se questi privilegi ci sono (o non ci sono) sta tutto nella capacità di chi amministra di intercettarli (o non di non saperlo fare).
La vera, grande questione è un’altra: quel nucleo sociale, sicuramente illuminato e brillante, che ha promosso, sostenuto, sponsorizzato il processo di unificazione delle due città è sparito. Si è disciolto come neve al sole. Dacché si organizzavano e promuovevano due, tre, quattro riunioni a settimana prima del Referendum, tavoli lunghissimi e apertissimi, discussioni analitiche e profondissime, si è passati al nulla.
Di questo la gente è rimasta delusa. Si è sentita presa in giro e oggi si sente orfana. Perché nessuno, dopo il Referendum e ancor più dopo le elezioni del primo sindaco post fusione, ha pensato di catechizzare, educare, formare la città su tutto il bello ed il brutto che avremmo dovuto affrontare. Anzi, i fusionisti di oggi si muovono quasi come se fossero dei carbonari.
Insomma, è stato creato con entusiasmo questo grande contenitore che avremmo dovuto riempire di idee e concetti e, invece, è rimasto vuoto. Anzi, quel contenitore è diventato un cavallo di Troia per gli antifusionisti… che oggi – a ragion veduta e senza alcun contrasto – spadroneggiano in città.