Le ciminiere della centrale Enel di Sant'Irene spariranno dallo skyline della Sibaritide entro giugno 2025
Viaggio tra presente e futuro del sito industriale più importante della Sibaritide. Chiusa la prima fase di smantellamento delle strutture tecnologiche ora si passa alla demolizione di serbatoi e ciminiere. E poi spazio a nuova produttività
CORIGLIANO-ROSSANO - Entro giugno 2025 i due grandi camini dell’ex centrale Enel di contrada Cutura a Corigliano-Rossano non ci saranno più. In realtà entro tre anni l’intero sito industriale del vecchio impianto a olio pesante non ci sarà più: sarà tutto demolito, smantellato e bonificato. Questo è, almeno, stando a quello che prevede il cronoprogramma (fatto pervenire tra gli altri al Comune di Co-Ro, alla Provincia di Cosenza e alla Regione Calabria) della holding energetica, intenzionata più che mai a chiudere la storia della centrale termoelettrica della Sibaritide.
A Cutura-Sant’Irene rimarrà sicuramente la centrale a turbogas, che sarà strategica nella fase di accompagnamento della transizione energetica verso le fonti rinnovabili, mentre sul sito dell’ex impianto c'è in previsione di installare un parco fotovoltaico per la produzione di energia solare.
Le fasi di demolizioni, smantellamento e bonifica
Cosa rimane ancora oggi della vecchia centrale termoelettrica a olio pesante? Partiamo da quello che non c’è più. Nei mesi scorsi è stata smontata l’intera impiantistica della struttura (turbine e trasformatori su tutti); poche settimane fa, invece, è stata completata anche l’ultima fase di demolizione delle caldaie. Oggi, di fatto, del complesso sistema di produzione dell’energia del sito originario non resta più nulla. Rimangono ma sono in fase di smantellamento, invece, le infrastrutture immobili. Quindi i serbatoi dell’olio pesante, i locali di servizio, gli spazi di produzione e, quindi, le due grandi ciminiere.
In questo momento i lavori si stanno concentrando sul prosciugamento e demolizione dei sei grandi serbatoi in ferro, cemento e acciaio. Verranno smontati come un lego. Dopodiché, una volta sgomberata l’area (parliamo di uno spazio di circa 133mila metri quadrati) si passerà alla fase di carotaggio e caratterizzazione del terreno. Un’operazione complessa ma essenziale e necessaria che servirà a capire se la presenza delle grandi riserve che per quasi 50 anni hanno contenuto petrolio abbia in qualche modo compromesso il terreno sottostante. Fonti riservate e interne ad Enel confermano, però, che i primi rilievi effettuati in profondità nell’area prospicente ai grandi serbatoi hanno dato esito negativo. Questo, quindi, potrebbe allontanare l’ipotesi, più volte ventilata, di eventuali e irreparabili danni ambientali provocati dall’operatività della centrale. Ma la conferma si avrà solo una volta completata la fase di caratterizzazione sull’intera area.
Dopo i serbatoi, il successivo step sarà quello della demolizione dei locali di servizio e delle strutture in calcestruzzo (capannoni, depositi, magazzini e lo stabilimento di produzione) che produrranno inerti – tanti inerti – da dover smaltire. Ultimo e più atteso passaggio, infine, sarà la demolizione delle due torri camino. Si parla di un’operazione titanica per la quale Enel impiegherà, così come sta già facendo per la restante fase di smantellamento dell’impianto, manodopera specializzata e professionalizzata.
Tutto questo avverrà entro giugno 2025. Entro quella data lo skyline della Sibaritide sarà finalmente libero dalle due colonne di cemento armato, alte più di 200 metri, che hanno dominato sul Golfo di Corigliano per quasi 50 anni e che per tanti hanno rappresentato il simbolo del progresso per quest’area della Calabria.
Il futuro del sito industriale di Sant’Irene-Cutura
Come ribadito in altre circostanze, Enel – differentemente da quanto per anni hanno sostenuto schiere di politici nostrani sventolando bandiere anticolonialiste – non leverà le tende dalla Sibaritide. La più grande e importante società energetica europea continuerà a mantenere il suo corebusiness anche su Corigliano-Rossano. E segnali in questo senso arrivano non solo dall’aver mantenuto operativa la centrale turbogas e dalla volontà di impiantare un parco fotovoltaico. Certo, non sarà più la manna di posti di lavoro che arrivò all’inizio degli anni ’70 del secondo scorso; anche perché l’avanzare della robotica e della tecnologia digitale consente oggi di gestire grandi impianti di produzione con personale ridotto.
Dove invece è necessaria manodopera è proprio la fase di smantellamento della vecchia centrale. Per fare questo, Enel ha attivato un programma di gestione lavoro, sottoscritto dai sindacati, che prevede da un lato la tutela dei posti di lavoro per tutta la manodopera locale e dall’altro la professionalizzazione degli operai. È risaputo – e i cantieri che in questi ultimi mesi si sono aperti sul territorio della Sibaritide, dal terzo megalotto della Statale 106 al nuovo ospedale di Insiti, lo stanno dimostrando – che sul territorio non esistono figure di operai specializzati. Solo manovalanza di vecchio stampo che, di fatto, non è utile al contraente dei lavori tantomeno al lavoratore stesso che, senza una qualifica, non potrà mai sperare di godere di uno scatto stipendiale.
Enel, pertanto, in questa fase, considerato che per la demolizione della centrale occorre manodopera specializzata, ha pensato di offrire agli operai interni e del posto una formazione, perlopiù prevista per saldatori e installatori. Questo consentirà di avere nelle disponibilità lavoratori professionalizzati, senza la necessità di andarli a reperire da fuori territorio, che alla fine della fase di lavoro sulla centrale di Cutura potranno spendere le loro competenze anche su altri cantieri territoriali o regionali.