9 maggio, quando Rossano fu laboratorio del "compromesso storico" Pci-Dc
Definito da L'Espresso come un "evento copernicano", nel 1985 il compromesso storico, pensato da Moro e Berlinguer, trova finalmente espressione con quello fra Tonino Caracciolo ed i giovani "leoni democristiani"

CORIGLIANO-ROSSANO – Oggi è una giornata particolare, in cui viene ricordato da tutte le massime testate giornalistiche, il ritrovamento dei corpi di Aldo Moro e Peppino Impastato, senza vita.
Come già scritto nell’articolo pubblicato sull’Eco dello Jonio (leggi qui) Aldo Moro fu ucciso per aver accettato la proposta di Enrico Berlinguer, allora capo del secondo partito più grande d’Italia dopo la Dc, quello comunista, di aprire la coalizione di governo al Pci, il cosiddetto “compromesso storico”.
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Le conseguenze le conosciamo bene, nefaste. Perché uno dei motivi prevalenti per i quali Moro fu sequestrato e ucciso, fu proprio questo, e la morte di Moro era un chiaro monito: nessuna apertura ai democristiani. La guerra fredda infatti, era nel pieno della strategia della tensione.
Ma accade che nel 1985, a Rossano, il “laboratorio politico”, fortemente "sognato" da Moro e Berlinguer si realizza, durante il mandato a sindaco di Tonino Caracciolo. La notizia fa scalpore al punto che anche il settimanale L’Espresso ne parla, definendo l’alleanza tra Pci (Caracciolo) e Dc locale, come un evento “copernicano”.
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Spodestati i socialisti, Caracciolo apre a quelli che vengono definiti i “Giovani Leoni democristiani”, tra cui Maria Antonietta Salvati, che divenne vice-sindaco e poi, tra gli altri, anche Nicola Candiano che divenne assessore. A capo della "balena bianca" in Consiglio comunale, invece, c'era il medico Alessandro Amarelli.
L’Espresso così descrive la Rossano di 40 anni fa: «A Rossano, isolato “Comune d’Europa” ai piedi dell’Appenino calabrese, 15 mila ettari d’ulivi, di aranci e di case abusive tra Sibari e Crotone, 38 mila abitanti e 20 mila automobili…lunedì 4 febbraio comunisti e democristiani si sono messi insieme, eclissando dopo 17 anni, il potere socialista».
«Tutti i massimi vertici calabresi del Pci mi andarono contro per la decisione di coalizzarmi con la Dc – ci racconta Tonino Caracciolo – e io, mi rivolsi all’allora segretario nazionale Natta, che mi diede il via. Il consenso popolare che registrai alle elezioni mi permise di avere piena fiducia dal vertice del partito. Nacque così quello che non riuscì, purtroppo a Moro».
L’esperienza rossanese fece scuola in tutta Italia, perché per la pima volta gli atei comunisti si allearono con i cattolici democristiani, in nome del bene comune. Il sindaco barbuto, così Caracciolo venne definito da L’Espresso, fu un esempio di politica amministrativa tesa alla “distensione”, di cui Moro anni prima, insieme a Berlinguer, ne intuì la grande importanza sociale e politica.
Da paese sperduto, così come era stato definito dal settimanale, possiamo tranquillamente affermare che rispetto a tutto il resto d’Italia, Rossano fu davvero un laboratorio politico rivoluzionario, di portata straordinariamente copernicana.
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