Secondo quanto riportano i dati diffusi dal Ceps, dal 2007 ben 130.000 giovani talenti italiani hanno lasciato casa per l'estero
L’emorragia data dalla fuga giovanile che sta spopolando il Sud, compresa la comunità di Corigliano Rossano, è uno dei problemi più delicati che ci troviamo ad affrontare. Tecnicamente si chiama brain drain, letteralmente fuga di cervelli verso l’estero. In uno Stato che funziona tutta questa condivisione e mobilità sarebbe più che normale, il sale di un mercato del lavoro che vuole i giovani sempre più flessibili e vaganti. Il fenomeno, però, rasenta la tragedia se la nazione di partenza, in questo caso l’Italia, rimane arida di competenze, passione e soprattutto impigliata nella mancanza di personale qualificato. Il nostro paese sta perdendo manodopera di prima qualità a favore di immigrati con competenze scarse. La fuga di cervelli, certificata dallo studio
EU Mobile Workers: a challenge to pubblico finances, negli ultimi 10 anni, cioè dal 2007 al 2017, è attestata in 130 mila unità “Gli Stati membri meridionali dell’Eurozona hanno subito una emigrazione netta dei cittadini altamente qualificati. Per contro, i grandi Paesi in cui queste persone vanno, come la Germania e il Regno Unito, hanno registrato un aumento netto nei livelli di educazione. Per la Francia, non c’è stata quasi alcuna variazione netta”. In barba alla crociata anti-Brexit il paese principe nell'accoglienza dei talenti altrui è, attualmente, il Regno Unito dato che, come spiega il Ceps, “l’aumento della sua popolazione è stato fortemente spostato verso i cittadini europei con una scolarità elevata (in questo caso l'Italia, ndr)”.