La guerra in casa nostra, l'Italia rischia di dire addio a frutta e verdura della Sibaritide
L'interessante servizio di Simona Angela Gallo nelle aziende della Piana di Sibari e della Sila andato in onda martedì scorso nella trasmissione "Fuori dal Coro" (Rete 4) condotta da Mario Giordano
CORIGLIANO-ROSSANO - La produzione delle eccellenze agricole della Piana di Sibari e della Sila messe in ginocchio dalla crisi economica generate dalla guerra in Ucraina: caro gasolio, caro materie prime, caro... tutto. Ecco come aziende floride e coraggiose rischiano di non produrre più. E a rischio non c'è solo la produzione ma anche migliaia di posti di lavoro. Il servizio della giornalista Simona Angela Gallo tra le aziende della Piana di Sibari e della Sila, andato in onda su Rete4 lo scorso martedì 3 maggio 2022 durante il talk "Fuori dal Coro" condotto dal direttore del Tg4 Mario Giordano, mette in luce una situazione allarmante e preoccupante che ormai tutti vivono da mesi ma che solo il Governo sembra non essersene accorto.
Tra gli intervistati anche i produttori della rinomata Pesca di Sibari e della Clementina di Corigliano-Rossano. Su tutti i coriglianorossanesi Francesco Graziani e Domiziano De Rosis che, insieme a Diego Lapietra, rappresentano il cuore aziendale di una delle più importanti realtà produttive agricole della Calabria del nord-est. «Visto i costi esorbitanti di produzione - ha detto Graziani mostrando le belle pesche in maturazione sugli alberi - il prodotto di quest'anno rischia di saltare. Se non riusciamo a coprire i costi - ha spiegato - c'è il fondato pericolo di non raccogliere». E quindi che il frutto rimanga sull'albero. Insomma, una classe imprenditoriale strozzata dai costi di produzione e con il calo degli ordini vendere la frutta è sempre più difficile. «Andiamo avanti - ha chiosato Graziani incalzato dalla giornalista Gallo - solo per amore della terra».
E insieme alle pesche non se la passano meglio nemmeno le produzioni agrumicole, quelle delle arance e della clementina, messe in ginocchio dagli effetti della guerra in Ucraina e dalla concorrenza estera. E siccome il raccolto non si butta mai, perché è un dono di Dio e della natura, non resta, allora, che «regalarlo». Come ha ribadito in modo laconico e lapidario Domiziano De Rosis.
Insomma, una situazione assurda, che ha ormai oltrepassato i limiti dell'immaginabile. Fino a quando sarà così? Almeno fino a quando il Governo italiano non si accorgerà della necessità di dare finalmente concretezza ad una politica sì europeista ma con un sano pizzico di sovranismo o amor patrio. Che a questo punto non farebbe assolutamente male.