Di ANTONIO GRANATA Tra qualche mese si vota. Un evento importante perché proprio le piccole e medie città possono essere incubatrici di innovazione e crescita di un intero territorio. A
Rossano, dopo la tragicomica interruzione della legislatura, ci si aspettava, o perlomeno me lo auguravo, una mobilitazione delle forze politiche ma anche di
comunità di cittadini, delle associazioni di volontariato, delle forze sociali e produttive, della società dei professionisti e della Chiesa per risollevare una città che rischia di toccare il fondo del suo degrado civile e morale.
Si continua, con perseveranza diabolica, ad elencare le cose che non vanno in modo assolutamente trasversale rispolverando il vecchio sofisma per cui è la politica che chiede al popolo sovrano le soluzioni che lei non ha saputo dare o, peggio, rinviando le proprie responsabilità a livelli istituzionali più alti che non sono esenti da altrettante responsabilità. La realtà con oggi racconta di un popolo disperso in una vasta area, sommerso dai suoi problemi quotidiani, che vive in una condizione di totale estraneità rispetto ai circuiti decisionali che la governano, che soffre della inadeguatezza di una classe dirigente che non ha mai fatto sistema, disperdendo le risorse intellettuali, economiche e sociali presenti nel e sul territorio. Realtà che non è solo un riflesso della lunga crisi che ha sconvolto il Paese. Pesa come un macigno il retaggio storico e culturale di una concezione burocratica del potere, della mancanza di una cultura dell’innovazione, di una tendenziale assuefazione del popolo al pessimismo conformistico che trova la sua manifestazione nell’aggiramento delle regole. A fronte di questa realtà, dal mio modesto punto di osservazione, ci si aspettava che emergesse il bisogno di un rinnovamento espresso da una nuova generazione di giovani di 30-40 anni, magari già impegnati nei vari campi professionali, disposti a porre conoscenze e competenze al servizio della città. Sarebbe stato (forse si è ancora in tempo?) un fenomeno nuovo perché nuove energie avrebbero potuto rinvigorire le nostre asfittiche istituzioni della rappresentanza politica e del governo della città. Per chiarire meglio il mio pensiero, mi aiuta la discussione sulla cosiddetta conurbazione Rossano-
Corigliano. Essa è la plastica dimostrazione che se non c’è alla base una partecipazione attiva, gli esperti dei vari settori (economisti, urbanisti, sociologi, ecc.) negli incontri con i cittadini per mettere a fuoco linee di azione e progetti operativi non bastano, la pur buona intuizione è destinata a chiudersi in un insufficiente centralinismo che lascia paurosi vuoti nella gestione dei servizi di prossimità che di più toccano le condizioni di vita dei cittadini.
A mio parere, sarebbe utile orientare la discussione elettorale, ma anche quella successiva, sul concetto basilare dei servizi di prossimità rispetto ai quali è più accentuata la sensibilità dei cittadini e meglio orientabile la loro partecipazione. Un’opportunità da non disperdere perché società civile e politica ritrovino i loro punti di contatto. Per dirla in soldoni, meno passione nello scommettere sul numero dei candidati a primo cittadino e più attenzione al merito della cultura della progettualità, della legalità, dell’orientamento ai risultati, al ruolo del controllo sociale come strategia in cui integrare la dimensione tecnica dei problemi con quella partecipativa dei cittadini. Si potrà obiettare che non è tempo di utopie, che questa mobilitazione tocca una minoranza di cittadini magari già orientati e che ci vuol ben altro per scalfire l’indifferenza di un popolo che ha vissuto per tanto tempo “l’arroganza del potere”.
Ma si tratta di un popolo che ha saputo ritrovarsi “nei casi d’eccezione” quando la sua sopravvivenza come comunità è stata minacciata: penso all’alluvione del 2015. Oggi fortunatamente non ci troviamo in quelle condizioni estreme. Eppure il gravare dei problemi irrisolti rende le condizioni di vita dei cittadini rossanesi al limite della sopportazione. Da aggiungere c’è il già pesante contesto dei giovani che non trovano lavoro, delle nuove povertà emergenti, dei servizi pubblici che non funzionano e che devono sempre di più fare i conti con le nuove immigrazioni e con i relativi problemi che essa pone. In conclusione, la città ha bisogno di nuove carte nautiche perché nessun vento sarà favorevole alla vela della barca di chi non sa dove andare (Seneca).
*dirigente nazionale della CGIL