Il fotovoltaico “ruba” terra agli agricoltori, Coldiretti dice «no all'energia che sostituisce il cibo»
Aceto: «Necessario fermare le speculazioni ed il consumo di suolo con impianti fotovoltaici a terra che sono incompatibili con l'attività agricola»
COSENZA - «La necessità di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile non può e non deve prescindere dalla tutela dell'ambiente e delle attività produttive dei luoghi dove tali impianti vengono realizzati. È necessario salvaguardare le campagne per garantire la sovranità alimentare nazionale fermando le speculazioni ed il consumo di suolo con impianti fotovoltaici a terra che sono incompatibili con l'attività agricola». È quanto afferma Franco Aceto Presidente di Coldiretti Calabria.
«Non vogliamo – prosegue – che, dietro il miraggio di un effimero guadagno, gli imprenditori sono invitati ad abbandonare la produzione di cibo in nome di quella energetica, installando sui propri terreni impianti fotovoltaici a terra».
«Coldiretti – aggiunge - non è, in linea di principio, contro la produzione e l'utilizzo di fonti rinnovabili di energia, ma manifesta la convinta contrarietà alla diffusione indiscriminata ed incontrollata di tali impianti a terra che potrebbero minacciare vaste aree della nostra regione, zone a vocazione agricola, senza dimenticare i danni che ne scaturirebbero anche dal punto di vista turistico e del paesaggio».
«La Coldiretti sostiene un modello di transizione energetica che vede le imprese agricole protagoniste, come ad esempio con le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l'agrivoltaico sostenibile e sospeso da terra che consentono di integrare il reddito degli agricoltori con la produzione energetica rinnovabile, con una ricaduta positiva sulle colture e sul territorio. Per questo, nei mesi scorsi, Giovani Impresa ha promosso una petizione dal tema "Sì all'energia rinnovabile senza consumo di suolo agricolo". Una petizione che suggeriva quale valida alternativa al fotovoltaico a terra quello sui tetti e sulle strutture aziendali. Un'intuizione, questa, che ha poi portato all'emanazione del "Bando Agrisolare" che prevede aiuti fino al 70% del costo per la realizzazione di tali impianti».
«Occorre – conclude Aceto - anche considerare la produzione di crediti di carbonio da parte delle imprese agricole e la loro potenziale vendita ad altre aziende, in un'ottica di economia circolare e di sostenibilità del Paese. Il carbon farming, infatti, nell'ambito della Politica agricola comune (Pac), rappresenta un'altra voce di reddito potenziale per gli agricoltori che deve essere resa disponibile attraverso scelte amministrative chiare e semplici».