Land art, trasformare la collina dei Tre Piani di Lauropoli in un “museo a cielo aperto”
L’artista scenografo Enzo Palazzo ha già approntato bozzetti per la realizzazione di installazioni sul pianoro del terzo livello
CASSANO JONIO - Dopo le proposte avanzate da vari professionisti, torna, con tanta forza d’animo e col vivo convincimento che qualsiasi idea-progetto si possa trasdurre in palpitante realtà, il bozzetto dell’artista scenografo Enzo Palazzo per una installazione sui Tre Piani.
Da quale riflessione sul sito dei Tre Piani è scaturito il proponimento di poter realizzare, in un futuro prossimo, l’installazione sulla collina dei Tre Piani?
«Il progetto che sottopongo all’attenzione delle istituzioni e dei cittadini è quello di realizzare opere d’arte che possono essere riunite sotto la denominazione di “installazioni ambientali”. Negli ultimi quattro decenni, infatti, queste opere, mettendo in connessone diretta le pratiche dell’installatio art site/specific, (installazione di opere progettate per un luogo specifico ndr) hanno assunto una dilatazione spaziale tale da farle sconfinare in quello che Vittorio Gregotti nel 1966 aveva definito il “territorio dell’architettura”. Questo progetto d’arte, cercando di superare la settorializzazione degli studi tra storia dell’arte e storia della land art, si pone come fine quello di fornire un’azione al luogo e allo spazio che ho preso in considerazione come impianto di intervento metodologico delle opere artistiche ambientali-installative, in spazi concepiti ed esistenti del luogo preso in esame in questo caso specifico: la Collina Tre Piani».
In relazione alla collina dei Tre Piani la land art come si può coniugare con la caratteristica del paesaggio esistente?
«La land art è arte fatta con -e nella- natura: abbandonati i confini della tela e della scuola e uscendo dalla cornice stessa del museo, le opere artistiche iniziano a essere composte direttamente nel paesaggio, in formato macroscopico e con l’utilizzo di materiali ed elementi naturali. L’idea è che l’artista lasci sulla terra una propria impronta, spesso effimera come lo è il paesaggio, il quale continuamente muta sotto la spinta degli agenti atmosferici».
La land art come può incontrare il favore e l’interesse dei cittadini e dei visitatori?
«La land art ha un grandissimo fascino e un altrettanto grande potenziale di attrazione turistica: per questo la denominazione viene utilizzata, a volte, per il suo potenziale commerciale. Perché un’opera inserita a pieno titolo in mezzo al paesaggio, ma deve prendere ispirazione da esso e rapportarvisi in un modo nuovo e speciale».
Si può conoscere in anteprima il nome e il significato di questa installazione che, secondo lei, ben si inserirebbe sia nel paesaggio sia nell’ambiente con i connotati fisici, naturali, umani attuali?
«L’opera alla quale ho lavorato è “La madre terra”, e ritengo che l’opera che ho pensato sia suggestiva e declina il soffuso misticismo della sua poetica in una forma archetipa legata alla tematica della Madre Terra (Terra mater): simbolo della Grande Madre, della materia primordiale, Dea della natura e della spiritualità, la fonte divina di ogni nascita che dà e sostiene la vita e che a Lei ritorna per rinascere come nei cicli della vegetazione. In particolare questa installazione rappresenta quel motivo iconografico e simbolico, poiché racchiude nel significante e nel significato la sua estetica in uno scorrere continuo tra figurazione e trans-figurazione. Si tratta di un’opera monumentale, forma ovale stilizzata, piena e vuota, che dona una percezione materica, terrigna e magmatica alla materia, sembrando essere attraversata da ataviche pulsioni».
Dopo questa ulteriore proposta di Palazzo si registra una confluenza di studi e di ricognizione dei luoghi per la valorizzazione e lo sviluppo armonico del sito, che genera un flusso di idee condivise per la valorizzazione del patrimonio materiale immateriale e la ricostruzione del dialogo intergenerazionale per facilitare la trasmissione dei "saperi" ai giovani di oggi.