Bernini e quei sette capolavori artistici che “lasciò” in eredità a Morano Calabro
Un luogo fiabesco nel cuore del Parco Nazionale del Pollino che ospitò l’artista Pietro Bernini e che conserva oggi alcune tra le sue opere più importanti. Scopriamole insieme
MORANO CALABRO - Un luogo magico nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, un fiabesco agglomerato di case, palazzi, chiese, conventi, vicoli, dalla forma conica che dal 2003 compare nell’elenco dei borghi più belli d’Italia ed è Bandiera Arancione del Touring Club Italiano per la pittoresca posizione geografica oltre che per la pregevolezza delle opere d’arte che vi si custodiscono. Staimo parlando di Morano Calabro.
Il suo nome è stato inserito nella prestigiosa lista delle destinazioni europee di eccellenza del Progetto Eden promosso dalla commissione europea. Ve ne parliamo oltre che per l’indiscussa bellezza, per la presenza in due delle sue chiese principali di alcune opere di uno dei maggiori scultori italiani del periodo fra XVI e XVII secolo, il toscano Pietro Bernini (1562-1629) padre del celebre Gian Lorenzo il cui nome immortale è noto in tutto il mondo. Ad accendere i riflettori nazionali su queste opere non molti anni fa è stato il lavoro di ricerca di una laureanda che ad esse dedicò la sua tesi.
Bernini entrò in contatto con Morano Calabro grazie alla sua presenza a Napoli per un certo periodo e ai rapporti con la potente famiglia dei Sanseverino, feudatari di Morano. Dopo una formazione artistica a Firenze e a Roma, nel 1584 l’artista si era infatti trasferito a Napoli, città natale della moglie Angelica Galante, per lavorare al cantiere della Certosa di San Martino e lì nacque il figlio Gian Lorenzo. Svolta qui una ventennale attività, nel 1605 si trasferì con la famiglia a Roma, sotto la protezione del cardinale Scipione Borghese. E fu nella Capitale che Pietro lavorò per Paolo V Borghese in diversi cantieri oltre a dirigere la bottega dove il figlio Gian Lorenzo imparò il mestiere.
La Chiesa degli apostoli Pietro e Paolo
A Morano Calabro, troviamo un primo gruppo di opere di Bernini presso la Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo che sorge sulla sommità dell’abitato nei pressi del Castello Normanno-Svevo. La sua fondazione si fa risalire intorno al 1007, sebbene non manchino interventi architettonici di epoche successive. Medievale è il campanile a pianta quadrangolare, costruito in posizione arretrata rispetto alla chiesa. La facciata ha una essenziale struttura “a capanna” con le falde laterali ribassate e sormontata nel timpano da una nicchia con la statua di San Pietro di epoca angioina. L’interno a tre navate, recentemente restaurato, è a pianta basilicale ed è decorato con delicati stucchi tardo-barocchi (seconda metà del secolo XVIII). Vi si custodiscono pregevolissime opere d’arte che vanno dal XV secolo ai primi decenni dell”800. Al XVI secolo risalgono le quattro statue in marmo di Carrara eseguite da Pietro Bernini - attivo in Napoli, come già accennato, fra la seconda metà del ‘500 e la prima metà del ‘600. – e raffiguranti Santa Caterina d’Alessandria e Santa Lucia del 1592, San Pietro e San Paolo del 1602.
La Collegiata di Santa Maria Maddalena
Appartengono inoltre a Pietro Bernini un Ciborio e due Angeli Oranti collocati alle estremità dell’altare maggiore della Collegiata di Santa Maria Maddalena, che al suo interno custodisce anche altre pregevoli opere d’arte. Il gruppo scultoreo, dopo un attento restauro, nell’aprile 2012 è stato riconsegnato alla Città di Morano Calabro e posizionato sull’altare del braccio sinistro del transetto della Chiesa della Maddalena. Il nucleo più antico della Collegiata, del 1097, era ubicato al di fuori della cinta muraria medievale come piccola cappella suburbana. I limiti architettonici di questa precedente struttura e l’esigenza di agevolare l’accresciuto numero di fedeli che frequentavano le tre parrocchie cittadine, ne suggerì un ampliamento in pianta a croce latina a tre navate, nella seconda metà XVI secolo, su iniziativa dell’allora prevosto don Giuseppe La Pilosella.
Rimaneggiata varie volte fino alla prima metà del ‘700, assunse il titolo di Collegiata il 3 febbraio 1737 con bolla di papa Clemente XII. Ulteriori lavori di restauro avviati nel 1732, previdero l’aggiunta di splendide decorazioni tardo barocche commissionate a Donato Sarnicola, le quali conferirono all’interno un aspetto maestoso, rendendo l’edificio uno degli esempi più alti del barocco calabrese. Nel 1862, il campanile (del 1817) e la cupola (del 1794) furono rivestiti di caratteristiche maioliche in stile campano di colore giallo e verde. Ulteriori interventi negli anni 40′ del XIX secolo, portarono al completamento della facciata in stile neoclassico, ripartita in due livelli divisi da una cornice marcapiano su cui si alternano triglifi e metope con simbologie classicheggianti.
Il livello inferiore comprende le tre navate in corrispondenza delle quali troviamo i tre portali della chiesa, suddivisi da sei paraste doriche; il livello superiore muove dagli spioventi laterali e copre la sola navata centrale, mentre sul frontone un fregio mostra lo stemma della famiglia Spinelli retto da quattro paraste ioniche contornate da ghirlande. L’attuale edificio conserva la pianta originaria in croce latina: lungo le navate laterali, divise in campate sormontate da piccole cupole, si affacciano cinque cappelle per lato, mentre la navata centrale ha la volta a botte su cui si affacciano dieci finestre unghiate.
(Fonte fame di sud - il sud italia come non lo avete mai visto, fonte foto calabriatours.org)