Caffè Alzheimer, il coordinamento calabrese è a disposizione per la stesura dei progetti
«Quello che ci piacerebbe trasferire agli organi politici e amministrativi, è quello che non si può misurare, ma che puoi sentire, che tocca qualche corda del tuo essere e ti fa sentire di essere nel posto giusto, anche se la memoria fa i capricci»
CATANZARO - «Quello che ci piacerebbe trasferire agli organi politici e amministrativi, al di là dei dati in nostro possesso – spiega la portavoce Laganà – è quello che non si può misurare, ma che puoi sentire, che tocca qualche corda del tuo essere e ti fa sentire di essere nel posto giusto, anche se la memoria fa i capricci»
«Apprendere dell'approvazione della delibera di Giunta "Caffé Alzheimer" ci rende fieri di appartenere ad una terra che si preoccupa della presa in carico delle fragilità, riconoscendo l'importanza di un servizio che, pur avendo un relativo basso costo economico, ha un impatto significativo sulla vita delle persone che ne usufruiscono».
Così Valentina Laganà, Psicologa, portavoce del Coordinamento dei caffè Alzheimer della Calabria, commenta la decisione del consiglio regionale.
«Nel 2018 - spiega Laganà - in Calabria è nato il coordinamento regionale degli Alzheimer caffè. Abbiamo costruito una rete che punta alla diffusione di un modello di assistenza per le persone con demenza e i loro familiari. Apprendere dell'approvazione della delibera di Giunta "Caffè Alzheimer" ci rende fieri di appartenere ad una terra che si preoccupa della presa in carico delle fragilità, riconoscendo l'importanza di un servizio che, pur avendo un relativo basso costo economico, ha un impatto significativo sulla vita delle persone che ne usufruiscono».
«Questo – sottolinea - ci pone naturalmente davanti alla responsabilità di metterci a disposizione dell'assessore, della giunta e dei vari ambiti territoriali che poi dovranno scrivere e presentare i progetti, per offrire il nostro know how e l'esperienza maturata in questi anni di lavoro, sempre a stretto contatto con i centri specializzati e la Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP)».
«Nello scorso ottobre, proprio nell'ambito del congresso regionale AIP, abbiamo dedicato una sessione proprio ai Caffè, per fare il punto sullo stato dell'arte all'uscita della pandemia. Quello che è emerso dalle relazioni delle dottoresse Federica Gottardi (Coordinamento Lombardia Orientale; AIP) e Francesca Arosio (Alzheimer Italia) è che le attività non si sono fermate neanche durante il lockdown, hanno solo cambiato forma: sono diventate gruppi whatsapp, videochiamate, videomessaggi, laboratori virtuali. Appena è stato possibile – spiega la portavoce - , i caffè hanno ripreso a rincontrarsi, anche in maniera più sporadica e informale, proprio come un gruppo di vecchi amici che hanno sentito la mancanza l'uno dell'altro».
«È proprio questo quello che ci piacerebbe trasferire agli organi politici e amministrativi, al di là dei dati in nostro possesso: quello che non si può misurare, ma che puoi sentire, che puoi vivere, che tocca - conclude - qualche corda del tuo essere e ti fa sentire di essere nel posto giusto, anche se la memoria fa i capricci».
(Fonte foto medicalivemagazine)