Il murale di Schiavonea suscita polemica: U Tatarannu «non rappresenta» la tragedia del 1974
Cataldo Curatolo: «Protagonisti del disegno dovevano essere i delfini, che rappresentano i componenti della nostra famiglia scomparsi in mare nel 1974. Ho chiesto di far rivedere il murale, perché rimanendo così, non lancia quel messaggio di speranza che deve giungere alle giovani generazioni»
CORIGLIANO-ROSSANO - Da qualche tempo l’associazione “Schiavonea e Sant’Angelo puliti”, che operano nei due borghi marinari della città di Corigliano-Rossano, in maniera assolutamente encomiabile sta attuando una sorta di politica di rigenerazione urbana.
Attraverso vari “tocchi” d’arte e non solo, hanno deciso di ridare un volto accogliente e gradevole a vari angoli dei due borghi. Va da sé che l’iniziativa non solo ha incontrato il gradimento degli abitanti dei due luoghi marinari, ma soprattutto sta facendo registrare un costante interesse da parte di numerosi visitatori.
Tra le iniziative portate a termine sin qui dall’Associazione, ci vogliamo soffermare sul murale realizzato di recente dall’artista calabrese Claudio Chiaravalloti sulla facciata di un palazzo ubicato in una delle tante vie che costeggiano il lungo viale Salerno a Schiavonea.
Il nome dato al murale è “U tatarannu”. Un disegno che occupa oltre 100 metri quadrati e che porta (o dovrebbe portare) in sé un messaggio: la tragedia del 31 dicembre 1974 che costò la vita a 12 pescatori del borgo marinaro di Schiavonea.
A 47 anni da quel funesto evento il ricordo tra le tante famiglie di Schiavonea è ancora vivo. Ma perché abbiamo usato il termine “dovrebbe rappresentare”, perché l’opera non soddisfa, sotto il profilo del messaggio che dovrebbe esternare soprattutto alle giovani generazioni, i proprietari della palazzina che hanno dato il proprio assenso affinché l’Associazione facesse realizzare il murale.
Di questo ne abbiamo parlato con uno dei proprietari della palazzina, Cataldo Curatolo, ex funzionario dell’ex comune di Corigliano Calabro, il quale in quella tragedia perse un fratello e cinque cugini. Infatti in quella tragica circostanza furono le famiglie Curatolo e Celi che persero 12 componenti (sei Curatolo e sei Celi). Cataldo Curatolo ha avvertito l’esigenza di esprimere il suo pensiero sul reale messaggio che l’opera di Chiaravalloti avrebbe dovuto dare, ma che in effetti, per così come è stata realizzata oggi, a suo giudizio, non dà.
«In premessa vorrei dire – afferma l’ex funzionario del comune di Corigliano – che apprezzo l’iniziativa avviata da qualche tempo dall’Associazione. Anche perché uno dei motivi che ha spinto me e tutta la famiglia Curatolo ad accettare la proposta di realizzare un murale sulla facciata del nostro palazzo va proprio nella direzione di accogliere con entusiasmo un’attività che tende a valorizzare il nostro borgo marinaro».
Ma qual è il suo rammarico? «Sin dal primo momento – afferma Cataldo Curatolo – ho espresso, a nome di tutta la mia famiglia, all’Associazione prima ed all’artista Chiaravalloti poi, di dare la disponibilità all’utilizzo della parete perché venisse raffigurata la tragedia del 1974, ma non in chiave triste e fine a se stessa, ma che dovesse avere un messaggio positivo per le giovani generazioni».
Entrando più nello specifico cosa c’è che non va nell’opera di Chiaravalloti? «In diverse circostanze, sia prima dell’avvio dell’opera e durante la realizzazione della stessa, - spiega Curatolo – ho detto a Chiaravalloti e al vice presidente dell’Associazione Martilotti, che il messaggio portante del disegno doveva essere i sei delfini, che rappresentano i componenti la famiglia Curatolo scomparsi in mare nel 1974, che cavalcano le onde di un mare calmo e azzurro per rappresentare la freschezza della gioventù e della loro vigoria fisica. Nonché la barca a motore inclinata dalla parte della poppa (elica) senza che però questa stesse affondando. Invece così non è stato. L’artista, come si può vedere, ha disegnato, tra l’altro, una barca a motore seguita da sei delfini, che non sono abbastanza visibili. Tutto ciò, di fatto, svilisce il significato e la portata del messaggio che noi volevamo dare».
E adesso cosa si fa? «Io ho chiesto ai rappresentanti dell’Associazione di far rivedere il murale, perché rimanendo così, come dicevo, non lancia quel messaggio di speranza che deve giungere alle giovani generazioni. Il mondo della pesca è un mondo fatto di tanti sacrifici e rischi quotidiani, però è anche un mondo di soddisfazioni, perché permette a coloro che la praticano di vivere con dignità. Ed è questo messaggio che deve giungere ai giovani e a tutti coloro che un domani vorrebbero intraprendere questa attività».
Ma secondo lei il murale sarà ricondotto al progetto iniziale? «È questo l’impegno assunto da parte dall’Associazione nella giornata di sabato 23 ottobre – afferma ancora Cataldo Curatolo – anche perché tutto ciò non andrebbe a stravolgere la completezza del murale e che lo porterebbe alla centralità del progetto iniziale».