Iacucci ricorda la tragedia dello Sbarco della nave Vlora successa trent’anni fa
«Le parole dell'allora sindaco Enrico Dalfino "sono persone" restano ancora oggi un monito a mettere al primo posto gli esseri umani. Abbiamo il dovere dell'accoglienza e dell'integrazione, oggi come ieri»
COSENZA - Trenta anni fa a Bari avvenne lo sbarco più imponente della storia: 20.000 albanesi in fuga in seguito al crollo del regime comunista si imbarcarono sulla nave Vlora che aveva trasportato zucchero fin da Cuba con la ferma intenzione di raggiungere le coste italiane. Il comandante non riuscì ad opporsi. Una traversata che poteva finire in tragedia giunse fino al porto di Bari sotto gli occhi di tutto il mondo sgomento e stupefatto per la forza della disperazione che si leggeva nei volti di quegli uomini e quelle donne.
È quanto dichiara il Presidente della Provincia, Franco Iacucci.
Un'immagine, quella nave carica di corpi ammassati, che ha segnato la storia. Le autorità italiane furono colte impreparate dall'imponente numero di immigrati, si registrarono numerose difficoltà per lo sbarco e i più giovani si lanciarono dalla nave esasperati dal caldo e dalla fame. Con l'inganno, molti di loro nei giorni successivi furono rimpatriati. Lo Stato scelse di usare il pugno duro. Dall'altro lato il sindaco e una città, Bari, da sempre crocevia di popoli. Le parole dell'allora sindaco di Bari Enrico Dalfino "sono persone" restano ancora oggi un monito a mettere al primo posto gli esseri umani.
Furono anni difficili per l'integrazione dei tantissimi albanesi che giunsero nel nostro paese eppure la vicenda della nave Vlora ci restituisce un'immagine dell'Italia di cui potevamo andare orgogliosi: l'integrazione fu lenta e difficile ma leggere le testimonianze di quei ragazzi di allora che viaggiarono sulla Vlora e che oggi sono cittadini italiani a pieno titolo ci dimostra che è sempre possibile un'altra strada.
Nell'Italia di allora, impreparata, senza centri di accoglienza, essere tacciati di razzismo era comunque una vergogna, oggi il razzismo viene sbandierato e ammantato dalla retorica del "prima gli italiani" mentre nel Mediterraneo continuano le traversate dei disperati. Allora, ricordare quella vicenda a trent'anni di distanza dovrebbe servire per rammentarci, come cantava De Gregori che "la storia non si ferma davvero davanti a un portone" figuriamoci davanti a un porto. Abbiamo il dovere dell'accoglienza e dell'integrazione, oggi come ieri.