Corigliano-Rossano, Campa del Movimento per la Vita denuncia l’aumento della violenza di genere
L’avvocato: «In Italia la cultura del possesso è molto più radicata della cultura del rispetto. servono politiche coraggiose di effettiva parità»
CORIGLIANO-ROSSANO - «La violenza in famiglia resta uno dei drammi sociali, figlio di un problema culturale, più gravi del nostro Paese. Il 2020 è stato l’anno peggiore di sempre: con il lockdown abbiamo assistito ad un surplus di violenza in ogni parte del mondo, ad un aggravarsi delle situazioni di disagio esistenti all’interno delle mura domestiche. Sono aumentati i femminicidi del 7,3% (88 le donne uccise nel 2020 a fronte di 82 nel 2019) e, nel 90% dei casi, l’offender aveva le chiavi di casa. Lo scenario familiare diviene sempre più spesso scena del crimine. È principalmente nell’ambiente domestico che la donna si trova ad essere discriminata per questioni di genere. Capite che se non cambia la mentalità degli uomini, difficilmente si arriverà ad un risultato positivo. In Italia la cultura del possesso è molto più radicata della cultura del rispetto!».
È quanto dichiara l’avvocato Luana Campa, Criminologa e presidente onorario del “Movimento per la Vita di Corigliano-Rossano”.
«La risposta, - continua - alla maggior parte dei soprusi contro le donne, va cercata al di là della psicopatologia del male. La violenza di genere ha cause culturali, non patologiche. È una problematica di civiltà, è un crimine contro l’umanità che deriva esclusivamente dall’abuso di potere, da un’asimmetria di potere millenaria tra uomini e donne. Gli uomini violenti sono uomini psicologicamente fragili, sono maschi che non accettano l’autodeterminazione della donna, che non possono tollerare la frustrazione della separazione e della perdita».
«Si rende, pertanto, necessario agire presto – afferma Campa - e in maniera più efficace e capillare sugli stereotipi di cui la nostra società è intrisa. In Italia sono ancora troppe le resistenze culturali. La parità di genere deve diventare strutturale, è indispensabile proporre modelli relazionali paritari tra maschi e femmine. Occorre un approccio olistico, integrato in grado di coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle Istituzioni, alla famiglia, alla scuola».
«Non smetterò mai di ribadire - continua l’avvocato - che servono politiche coraggiose (e non timide) di effettiva parità, dal lavoro domestico alla conciliazione tra vita privata e professionale. I cambiamenti cominciano in famiglia e il mondo che verrà non sarà migliore, se gli uomini non faranno lo stesso lavoro delle donne in casa. La pandemia ha accentuato le disuguaglianze di genere e le più penalizzate sono state le donne, il 70% delle quali ha perso l’impiego. Gli effetti economici della pandemia si sono accaniti più su di noi perché abbiamo contratti più precari, salari più bassi e raramente ruoli da dirigente. Una donna su cinque lascia il lavoro dopo la nascita dei figli e il 40% delle madri lavora part-time. Siamo penultimi in Europa per occupazione femminile. La politica ha mostrato tutta la sua incapacità. Abbiamo bisogno che il governo non ripeta gli scempi del precedente, che si era completamente dimenticato di noi».
«Se non si comprende – incalza - che il destino di una nazione passa per le mani delle donne, non ci sarà futuro. Si rende necessario rilanciare il Paese servono politiche di empowerment, c’è bisogno di diminuire il carico familiare che pesa sulle nostre spalle attraverso un piano di infrastrutture sociali che dia respiro alle donne. È un’emergenza nazionale, non possiamo permetterci di usare male i fondi europei. Sostenere le donne vuol dire investire sul mercato del lavoro, sull’incremento demografico e sulla diminuzione del divario retributivo, ovvero del “gender pay gap”».
«Pensiamo – aggiunge - che al momento in Europa, per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna guadagna 83 centesimi. L’incertezza lavorativa è un humus fertile per ogni tipo di abuso e la crescita sproporzionata della disoccupazione femminile indica che stiamo facendo enormi e pericolosi passi indietro. Solo investendo sulla parità, permettiamo a molte più donne di lavorare e il Pil aumenta. Ne beneficia tutta l’economia del Paese. Secondo la Banca d’Italia, arrivando al 60% di occupazione femminile, il Pil crescerebbe di 7 punti. Oggi siamo ancora al 48%. Troppo lontani».
«Mi preme sottolineare che il problema del calo demografico in Italia, non scaturisce dalle donne che non vogliono avere figli, ma dalla mancanza di aiuti e stabilità per le future mamme. A tal proposito, ritengo che il via libera all’assunzione della pillola abortiva RU486 senza più ricovero e sostegno medico sia un pericoloso passo indietro sulla strada della civiltà. Sottrae tutele alle donne, costringendole a vivere l’aborto in balia di se stesse, in totale solitudine. Considero ciò un attentato alla vita e all’incolumità della donna, nonché una grave violazione del diritto alla salute di cui all’art. 32 della nostra Costituzione. È bene fermarsi un attimo e dare finalmente alle donne l’importanza che meritano» conclude.