«Ho abbassato la saracinesca del mio bar a Natale, ma non è una resa. Lotterò per la mia attività»
L’amarezza di Salvatore, barista di Cantinella, non frena la sua voglia di ripartire: «Stringerò i denti per il mio bar e le mie dipendenti. Meritiamo di tornare a lavorare»
CORIGLIANO ROSSANO – «In sei anni di attività non avevo mai abbassato la saracinesca del mio bar a Natale o Capodanno. I giorni festivi sono quelli in cui si lavorava di più. Era un piacere accogliere i clienti che, invogliati dalle ferie, passavano ore a chiacchierare nel mio bar. Quest’anno, purtroppo, ho dovuto chiudere, e non so neppure quando potrò riaprire».
È con amarezza che Salvatore Oliveto, giovane barista di Cantinella, parla di come la pandemia ha cambiato radicalmente la sua attività.
Prima del lockdown nel suo bar si contavano 9 tavolini (5 all’interno e 4 all’esterno), 27 posti a sedere, 3 dipendenti e molti, moltissimi caffè serviti ogni giorno. In seguito alle restrizioni contenute nei diversi DPCM che si sono susseguiti negli ultimi mesi, quei numeri sono stati drasticamente modificati. Oggi i tavolini sono inutilizzati, 2 dipendenti sono in cassa integrazione e i caffè sono molti di meno.
Inoltre, per quanto riguarda le dipendenti in cassa integrazione, hanno ricevuto aiuti economici solo fino al 26 dicembre. Da quel giorno non è previsto più alcun sostegno perché (teoricamente) dovrebbero rientrare a lavoro e percepire nuovamente lo stipendio.
Dietro questi numeri si nasconde la vita e la lotta di Salvatore, un giovane che ha scelto di tatuarsi proprio una tazzina di caffè e la formula chimica della caffeina, l’emblema del suo lavoro, che è prima di tutto passione. Ha sempre fatto questo mestire, per otto anni come dipendente. Poi ha realizzato il suo sogno: aprire un bar tutto suo.
«Il bar è un luogo di incontro, di chiacchiere, di distensione. Permettere solo l’asporto significa togliere una grossa fetta dei nostri clienti abituali – continua Salvatore – inoltre la mia attività è vicina a diverse scuole. La mattina era un via vai di mamme e bambini, pronti a ricaricarsi con la colazione prima di affrontare la giornata».
«Per quanto riguarda l’aperitivo… è impensabile l’asporto – agginge - È un vero e proprio rito di incontro che è scomparso del tutto».
«Dallo Stato ho ricevuto 1000 euro in totale, con questa cifra non riesco neppure a coprire le spese» afferma Salvatore in merito agli aiuti ricevuti.
La pandemia ha sconvolto la vita di tutti, ma ci sono alcune categorie che sono state davvero travolte dalla crisi e, forse più di altre, stentano ad andare avanti. Sicuramente la categoria dei baristi è tra queste. Di storie come quella di Salvatore sono piene le nostre Città, ma ciò che forse ignoriamo è che quando si parla di crisi economica, non si sta parlando di qualcosa di astratto, ma di uno spettro tanto spaventoso quanto reale che si avventa sulla vita dei cittadini.
La consapevolezza di vivere un momento difficile non frena però la sua voglia di reagire: «Io non mi arrenderò. Proverò comunque a portare avanti la mia attività. Stringerò i denti, ma non voglio che la saracinesca del mio bar rimanga abbassata. Lo devo alle mie dipendenti, ma soprattutto a me stesso e al mio sogno. Ho investito tanto in esso e voglio continuare a coltivarlo».