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Il Feudo di San Morello, dai d’Aragona agli Abenante

6 minuti di lettura

SAN MORELLO - Dopo la prima parte di questo Viaggio, intitolata "Il Feudo di San Morello, dai Sangiorgio ai d’Aragona", riportiamo qui di seguito la seconda parte.

Riguardo al toponimo San Maurello de Arso un dubbio mi coglie per la semplice ragione che, secondo la mia convinzione, il termine de Arso non deriva dal fatto che San Morello venne bruciata e quindi arsa come si lascia intendere, piuttosto potrebbe scaturire dalla contiguità di questa terra con il fiume Arso che ancora oggi scorre sottostante alla base delle sue pendici, da cui il nome San Maurello dell’Arso. 

Secondo G. Fiore da Cropani, la Baronia di Pietrapaola, comprendente anche il Feudo di San Morello, nel 1471 era nei possedimenti di Tomaso Guindazzo, il quale vistosi privato dei suoi possedimenti, nel 1473 cercò d’esserne reintegrato, mentre San Maurello veniva unito allo Stato di Umbriatico del marchese Rovegno 1. Nel 1472 a subentrare come titolare della Baronia di Pietrapaola e del Feudo di San Morello fu don Diego Cavaniglia, sotto il cui vessillo, per la riconquista di Otranto, caduta nelle mani dei Turchi, nel 1480, militarono molti nobili rossanesi, mentre successivamente ne divenne signore Ferdinando d’Aragona fino al 1507 quando a seguito della restituzione del contado di Caiazzo a Roberto Ambrogio Sanseverino (18) 2, a Ferdinando d’Aragona fu assegnata, in permuta, la terra di Montalto, insieme alla baronia di Pietrapaola con alcuni Feudi tra cui quello di San Morello facente parte del principato di Rossano in gran parte alienato e levato a Marino Marzano, per aver preso parte alla congiura dei baroni contro Ferrante I.

Ancora, secondo le note del Gradilone, San Morello, nel 1525 venne concesso a Mariano Abenante. In relazione ecco quanto lo storico rossanese scriveva: «[…] il capitano delle armi di Crotone riceveva ordine dal Vicerè di reintegrare il rossanese Mariano Abenante nel possesso delle terre di Casabona e di San Morello, che si erano ribellate alla Regia Corte, per istigazione di Scipione e Diomede Antinorio»3. 

Al riguardo, conferma di quanto già riportato si ricava anche dalle note presenti a p. 176 dell’opera Istorica Descrizione del Regno di Napoli diviso in quindici provincie, dell’incisore Giuseppe Maria Alfano, pubblicato in Napoli nel 1823 dai Torchi di Raffaele Miranda. 

Per il delitto di tradimento della fede giurata di Scipione e Diomede Antinori, verso il proprio signore, nel primo quarto del 1500 la baronia di S. Morello, insieme a Casabona, venne devoluta al fisco. Sin dal 1525 fu Feudo degli Abenante di Rossano con Mario, 2° barone di Calopezzati, al quale per disposizione di don Piero Consaga, al tempo viceré, gli venne conferito proprio il possesso della baronia di San Morello, per aver represso le ribellioni della popolazione contro il gravoso sistema fiscale applicato dagli spagnoli. Già in precedenza, per i servigi prestati con fedeltà alla corona, Carlo V aveva confermato al barone di Calopezzati il titolo e i feudi posseduti, e in aggiunta, per contrastare le scorribande turche lo nominò responsabile della guardiania dei porti e delle spiagge della Calabria Citra e Ultra. 

San Morello continuò così ad essere degli Abenante anche in seguito con Francesco Barnaba, che secondo quanto riportato dal sito sulle famiglie nobili napoletane «[…] divenne il capo famiglia, fece educare tutti i suoi fratelli, diede un nuovo assetto finanziario alle attività, comprò il Feudo di Monasterace (nel Basso Jonio) nel 1785 ca. che, pur essendo molto lontano da Rossano procurò agli Abenante il titolo di barone, e che si aggiunse a quello di San Morello; dopo dieci anni si trasferì a Napoli per meglio gestire gli interessi di famiglia e lasciò Emanuele in Calabria; quest'ultimo, sposato con Maria Francesca Giannuzzi Savelli dei principi di Cerenzia» 4. 

Ritornò poi ancora nei possedimenti dei d’Aragona prima con Ferdinando fino alla sua morte nel 1543 poi con Antonio che morì qualche mese dopo sempre nel 1543, con Pietro che controllò il Feudo fino al 1552 ed infine con Antonio che morì nel 1583.

Ulteriori informazioni si ricavano dal Pellicano Castagna che così componeva: «[…] sul cadere del secolo XVI e per un breve periodo, Pietrapaola e San Morello appartennero alla famiglia Vollaro. Ed infatti Paolo Vollaro – quale figlio ed erede del fu Lorenzo (deceduto il 24 marzo 1584), che le aveva acquistate col patto di retrovendita dal duca di Montalto, il 27 marzo 1585 ebbe significatoria di relevio per le terre di Pietrapaola e San Morello. (Spoglio Significatorie I, f. 545 che riporta dal Registro Significatorie 26, oggi perduto, f. 82). Il patto di ricompra fu però esercitato, onde la Duchessa di Montalto Maria d’Aragona il 6 settembre 1586 ebbe significatoria di relevio per lo Stato di Montalto, con Pietrapaola e San Morello come erede del duca Antonio d’Aragona (Spoglio Significatorie I, f. 558t. che riporta dal Registro Significatorie 27, oggi perduto, f. 59). Una nuova significatoria le fu spedita contro il 22 settembre 1594 per le terre di Montalto, Pietrapaola, Cropalati, Crosia, Caloveto (Spoglio Significatorie I, f. 65It. che riporta dal Registro Significatorie 32, f. 124)»5. 

Terre di San Morello e Pietrapaola che successivamente vennero vendute dalla Duchessa Maria d’Aragona a Fabio Alimena, barone di Poligroni e Marri, per il prezzo di 40.000 ducati con Regio Assenso del 1609 registrato nel Quinternione 42, f. 139 (Cedolario 75, f. 133t.). L’Alimena si liberò della Terra di San Morello, vendendola al dottore Giovanni Caligiuri con Regio Assenso registrato nel Quinternione 42, f. 224 6. 

A seguito delle ricerche del Pesavento7 veniamo pure a conoscenza che nel 1620 feudatario di San Morello fu Francesco Maria Caligiuri, giusta nota [xli] Mazzoleni J., Fonti cit. p. 22 e che Scipione Migliarese comprò il Feudo di San Morello e ne divenne barone. A questi seguì il figlio Diego che, nel 1680, risultò barone di San Maurello, come si deduce dalla nota [xlii] del Valente G., in La Sila dalla transazione alla riforma, Rossano 1990, p. 342.

Come già riportato San Maurello, secondo il Fiore (vedi nota 267), venne aggregato allo Stato di Umbriatico del marchese Rovegno. Successivamente sempre secondo il Pesavento il Feudo passò «[…] dai Coscinelli al monastero di Santa Teresa d’Avila dei Carmelitani Scalzi di Cosenza: “Terra S. Maurelli manet sub dominio temporali Vblis Monasterii Sanctae Theresiae Civitatis Consentiae ex legato facto a q.m Cajetano Cusinelli”, giusta nota n. [xliv], ASV, SCC. Rel. Lim. Cariaten. 1725»8.

Dagli studi di Luca Covino, per di più, è possibile avere informazioni sulle famiglie feudali in Calabria Citra come il caso di Caligiuri di cui si è già accennato, feudatario di San Morello nel 1669 riportato alla p. 109 e di Ferrigno Antonio, feudatario nel 1737, riferito a p. 112. 

Ancora dal Covino venire a sapere che «Studi locali tramandano racconti di signorotti rapaci come i de Paola, i Cortese, i Guerra, i Barberio, i Toscano, i Marsico, gli Alitto che nel Sei e Settecento fecero stabile dimora nelle loro terre (181), come dimorarono a Rossano/Corigliano baroni quali gli Abenante, titolari di S. Morello, e i Castriota, baroni di San Demetrio fino al 1732» (182)9. 

Alla fine del ’700, come riportato dal de Rosis, Emanuele Abenante era barone di Monasterace e di San Morello10. Per la precisione il Feudo di San Morello costituito da appena 182 anime venne acquistato nel 1760, periodo in cui il borgo faceva parte del cantone di Cirò11. 

Nel 1799, Emanuele Abenante aderì alla Repubblica di conseguenza, come reo di stato, subì la confisca dei suoi beni. 

Con la riforma amministrativa avviata dai decreti 8 agosto e 8 dicembre 1803 San Morello rientrò nel Distretto di Rossano che intanto era stato ampliato per effetto della legge 4 marzo 1807, (Gradilone: p. 629 nota 2).   
     
BIBLIOGRAFIA
      Cfr. P. G. FIORE da Cropani, Della Calabria Illustrata. Opera varia istorica, Tomo I, Calabria abitata Libro I, MDCXCI, p. 236.
     2 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, Editrice MIT Cosenza, 1967, p. 424. [Nota (18)].
     3 Ibidem, A. GRADILONE, Storia…, p. 359.
     4 Famiglia Abenante, in http://www.nobili-napoletani.it/Abenante.htm.
     5 M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, Vol. IV P-R, Editrice CBC (Centro Bibliografico Calabrese), Catanzaro Lido (CZ) 2002, Vol. IV, P-R, pp. 76-77
     6 M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi…, Vol. IV, P-R, pp. 77.
     7 Cfr. A. PESAVENTO, San Maurello poi San Morello. Un piccolo paese, una lunga storia, in Archivio Storico di Crotone, www.archiviostoricodicrotone.it [Note: [II] TRINCHERA F., Syllabus Graecarum Membranarum, p. 139, [III], AMARI M. – SCHIAPARELLI C., L’Italia descritta nel “Libro del re Ruggero”, Roma 1883, p. 112, [IV] RUSSO F., Regesto, 5253, 5293].
     8 Ibidem.
     9 L. COVINO, Governare il Feudo…, p. 124. op. cit. 46. [Nota (182) Sugli Abenante tra le più importanti famiglie del patriziato provinciale i cui interessi erano concentrati nel territorio tra Corigliano e Rossano T. GRAVINA CANADÈ. Notizie sulla Famiglia Abenante e su alcuni feudi minori della Calabria nel suo Studi Calabresi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1994, pp. 83-181 che si sofferma anche sui Castriota Scanderbeg e i Sollazzo ebbero un rilevante giro d’affari legato al commercio di derrate, olio, liquirizia L. PICCIONI, Una famiglia di «monopolisti» del Regno di Napoli: sulle attività economiche degli Abenante di Rossano nel Settecento dall’Archivio Martucci di Rossano Calabro, in «Dedalus», 2006, pp. 103-135. Per San Morello, acquistato nel 1760, Rossano – Archivio Abenante, b. 1, Apprezzo del Feudo di San Morello, cc. 1-56].
     0 L. DE ROSIS, Cenno storico della città di Rossano, Riedizione anastatica, Atesa Editrice, Bologna 1982, p. 312.
     1 Cfr. A. GRADILONE, Storia…, p. 605. [Nota (40)].
 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica