7 ore fa:Festival Euromediterraneo di Altomonte: nel borgo, la magia dell’abbraccio
12 ore fa:Auto finisce fuori strada ma i soccorritori sul posto non trovano nessuno
12 ore fa:Premio "Giorgio La Pira - Città di Cassano" assegnato al Cardinale Matteo Maria Zuppi
8 ore fa:Al Museo Civico di Paludi la mostra personale di pittura di Rossella D’Aula
9 ore fa:Corigliano-Rossano: aperte le iscrizioni per la refezione scolastica
8 ore fa:La Calabria isolata è il karma della Ferrovia Jonica: vittima di decenni di disattenzioni
12 ore fa:Anche il M5S di Co-Ro fa partire la raccolta firme contro l'autonomia differenziata
9 ore fa:Gli alunni dell'Istituto Amarelli in vista alla caserma dei Vigili del Fuoco di Co-Ro
11 ore fa:Il duo Pancella - D'Amato in concerto al pontile di Trebisacce
7 ore fa:Movimento del territorio: «Continua la latitanza del sindaco sulle contrade»

Arriva la notte più lunga dell'anno: domani sera si cena con 13 cose e la Coccia

2 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO - Si avvicina il giorno in cui si ricorda la Santa protettrice degli occhi e con questo anche il momento in cui si consuma la “coccìa”, ma basta il dolce piatto di grano a ricordare questa importante festa?

Nella serata della vigilia, il 12 dicembre, nelle case dei corossanesi, negli anni passati, non mancava mai il grano cotto in diversi modi, ma sempre dolce, oltre alla tradizionale cena nella quale si dovevano mangiare ben tredici alimenti diversi in omaggio alla Santa.

Tradizioni che resistono nelle case dei nostalgici, ma che purtroppo vanno a perdersi nelle nuove famiglie. Il cibo da asporto o, peggio, quello precotto, stanno avendo il sopravvento sulle tradizioni. Resiste (ma fino a quando?) il grano cotto.

Ma cosa centra il grano cotto con Santa Lucia?

In Sicilia, e soprattutto a Siracusa e Palermo, in questo giorno in cui si celebra la Vergine siracusana, si ricordano le carestie che colpirono Palermo nel 1646 e Siracusa nel 1763. La Santa, implorata e pregata dai palermitani, salvò la popolazione dalla fame facendo arrivare nel porto un bastimento carico di grano. A dare l’annuncio dell’arrivo del prezioso dono fu una colomba che si posò sul soglio episcopale.

La popolazione, ridotta alla fame ormai da diversi mesi, non lavorò il grano per farne farina, ma lo bollì per sfamarsi più in fretta, aggiungendogli soltanto dell’olio. Crearono così la “cuccìa” che, con il passare del tempo, ha subito varie evoluzioni fino a diventare la golosa pietanza che oggi conosciamo.

Dalla Sicilia al resto del meridione il passo è stato relativamente breve e dappertutto il grano cotto è diventato tradizione, un poco per fede ed un poco per gusto.

In questa parte di Calabria il piatto è sempre stato essenzialmente dolce, anche se preparato in diversi modi, ma nella vicina presila il piatto diventa salato, la preparazione diventa molto elaborata e richiede più di una settimana di preparazione.

Dalle nostre parti il grano cotto si prepara col mosto cotto o col miele di fichi, anche se più recentemente il cioccolato sta prendendo il sopravvento per via degli alimenti tradizionali che si trovano sempre in misura ridotta. L’aggiunta di vari aromi come cannella, scorzette di mandarino nostrano, pinoli o mandorle, trasformano il grano in un piatto molto appetitoso e stuzzicante.

Ed i tredici piatti diversi da assaggiare la sera della vigilia, che fine hanno fatto?

Sono stati sostituiti da cibi veloci, magari cucinati di fretta e con poco amore e delle tredici cose è rimasto poco o niente; chi ancora si ricorda di questa bella tradizione molto spesso per arrivare a tredici aggiunge il pane, la bevanda o addirittura il sale o il peperoncino.

Forse è già tanto che ci si ricorda di queste cose.

Tutto scorre (Panta rei) diceva Eraclito, tutto si evolve o si trasforma, ma quegli odori, quei sapori e quella serenità in famiglia non c’è più.

Ne vale la pena?

Gino Campana
Autore: Gino Campana

Ex sindacalista, giornalista, saggista e patrocinatore culturale. Nel 2006 viene eletto segretario generale regionale del Sindacato UIL che rappresenta i lavoratori Elettrici, della chimica, i gasisti, acquedottisti e tessili ed ha fatto parte dell’esecutivo nazionale. È stato presidente dell’ARCA territoriale, l’Associazione Culturale e sportiva dei lavoratori elettrici, vice presidente di quella regionale e membro dell’esecutivo nazionale. La sua carriera giornalistica inizia sin da ragazzo, dal giornalino parrocchiale: successivamente ha scritto per la Provincia Cosentina e per il periodico locale La Voce. Ha curato, inoltre, servizi di approfondimento e di carattere sociale per l’emittente locale Tele A 57 e ad oggi fa parte del Circolo della Stampa Pollino Sibaritide