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Tarsia, dalle origini fino al Decennio francese

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Le sue origini sono alquanto dubbie, anche se come si vedrà nel prosieguo, non mancano coloro che con sempre maggiore certezza la identificarono con l’antica Caprasia, ‘antica statio romana lungo la via Popilia’, oppure Caprese o ancora Capresia, un villaggio iniziale che con tempo assunse il toponimo di Tarsia.

Ciò mi porta a sostenere che nel tempo molti autori si interessarono di Tarsia riportandone tracce della sua storia. Tra questi: il Barrio che ne osannava la fertilità del Territorio e il suo vino scrivendo, ‘Est Tarsensis ager, fertilis, nascitur vinum nobile, provenit Therebyntbus, et siliqua sylvestris’, il Fiore (1), il quale riferiva che per anni questa terra era appellata col nome di Capresia e che nell’itinerario di Antonino la stessa veniva chiamata col nome di Caprese. Pertanto, c’è da credere, scrive il Fiore, che questo antichissimo borgo venne costruito da qualche Colonia, arrivata da queste parti popolandolo. Il fatto che poi mutò il nome in Tarsia, sempre secondo il predicatore cappuccino, che riporta al riguardo il pensiero di Ferrante della Marra, lo si deve al lungo dominio che la Famiglia de’ Tarsi ebbe sul paese, appunto per questo il nome di Capresia venne trasformato nel nuovo toponimo di Tarsia, utilizzando proprio il nome dei signori del luogo, nobile famiglia cosentina che ne tenne la titolarità del Feudo.

L’Abate D. F. Sacco, invece, così la presentava: «Tarsia. Città nella Provincia di Cosenza, ed in Diocesi di Rossano, situata in una valle bagnata dai fiumi Isauro, e Crati, d’aria temperata, e nella distanza di ventiquattro miglia in circa dalla Città di Cosenza, e di quindici dal Mar Tirreno, che si appartiene alla Famiglia Spinelli con titolo di Principato. Questa città appellata anticamente Caprasae, e sotto Boemondo Normanno chiamata Tarsia, ha due Chiese Parrocchiali sotto i titoli di San Nicola e di San Pietro; ed una Confraternita Laicale sotto l’invocazione del Rosario. Le produzioni del suo territorio sono grani, legumi, biade, frutti, vini, ed erbaggi per pascolo di greggi, e di armenti. La sua popolazione ascende a mille cento trentotto sotto la cura spirituale di un Arciprete. Questa stessa Città vanta di essere stata patria del tanto celebre Filosofo, Medico, ed Anatomico Marco Aurelio Severino, ˗ di cui tratta tanto il Zavarrone nella sua Bibliotheca Calabra ˗ che fiorì nel XVI Secolo; e degli eruditi Scrittori Alfonso de Pinibus, e Niccola Montalto» (2). Per saperne di più su queste figure si consiglia anche il testo di Francesco Gallo, I medici calabresi da Alcmeone a Dulbecco…Imprimitur, Padova 2013. In attinenza si osserva che Marco Aurelio Severini nato nel 1580 e deceduto nel 1656, all’età di settantasei anni, oltre ad essere un eminente specialista in chirurgia fu anche autore di importanti opere.

Discordanti invece, secondo Giustiniani, sembrano le note del Fiore sul lungo dominio dei Tarsia che al riguardo così scrive: «Ferrante della Marra duca della Guardia: antichissimi, e nobilissimi sono quei di Tarsia, de’ quali ha più tosto ricevuto, che dato il nome Tarsia terra posta in Calabria. Il Fiore avvisa che per la lunga serie di anni che detta famiglia possedé questa terra mutata l’avesse il nome di Capresia in quella di Tarsia; ma il Marra accenna soltanto le parole di sopra da me trascritte, dalle quali più giustamente si può opinare, che la famiglia Tarsia edificata l’avesse ne’ tempi Normanni. È celebre nelle istorie il conte Boemondo di Tarsia, che nel 1160 fu fatto abbacinare da Guglielmo I, e condannato di poi in perpetuo carcere» (3). Riguardo all’antica e nobilissima famiglia Tarsia o di Tarsia, allo scopo di conoscerla meglio nelle sue linee generali e genealogiche si coglie l’occasione per riportare un breve passo curato da G. Pizzuti, estratto dal sito nobili napoletani, nel quali così è riportato: «[…] di origine normanna, prese il nome dalla terra di Tarsia edificata in Calabria; godette di nobiltà in: Monopoli, Conversano, e Cosenza, dove si divise in due rami detti Tarsia Dell'Alto e Tarsia Del Basso. I di Tarsia furono feudatari di: Bonifati, Bisignano, Canna, Casalnuovo, Castiglione, Corigliano, Crucoli, Falconara, Fuscaldo, Latruca, Longano, Nocara, Regina, Riccaro, Santa Barbara, Sant'Angelo, Terranova, Tinga; patrizi di Cosenza, baroni di Belmonte, conti di Rossano, Sangineto, Corigliano e Tarsia.

Tarsia, terra in Calabria Citra in diocesi di Rossano, fu edificata ai tempi dei normanni, al loro seguito giunse il capostipite di questo ramo, il conte Boemondo di Tarsia, nel 1160 fu comandante in seconda dei soldati di re Guglielmo I, detto il Malo, costretto a fuggire in Abruzzo, fu condannato al carcere perpetuo dallo stesso re. Roberto, signore di Rossano, donò alcuni terreni alla chiesa di Santa Caterina, fu castellano di Barletta per l’Imperatore Federico II di Svevia. Matteo, fu signore di Fuscaldo dal 1200 fino al 1223, Falconara, e Sant'Angelo. Federico II nel 1204 lo confermò signore di Fuscaldo e Regina, tutti feudi in Calabria Citra, nello stesso anno confermò la donazione fatta da Matteo dei tenimenti di Cammarelli e Barracchi al monastero florense di Fonte Laurato per un monastero da fondare presso Paola. Nicola e Lia di Tarsia, risultavano dimorare nella Città di Cosenza per essere menzionati nella platea della Cattedrale del 1223: Nicolaus et Lia de Tarsi pro duobus Carolenis, danarios quattuor» (4).

Più chiara invece la storia del borgo in epoca medioevale con l'avvio del feudalesimo, epoca nella quale Tarsia venne nobilitata a Contea. Nel corso del 1300 transitò nei possedimenti dei Ruffo, poi dei Sangineto, in seguito dei Sanseverino ed in ultimo, con l’inizio del XVII in quelli degli Spinelli.

Infatti, conferme in tal senso si hanno da alcune fonti storiche che sostengono che sino alla fine del XVI secolo la Contea fosse giurisdizione dello Stato di Bisignano. Il paese, subendone l’infeudazione con la rigorosa condizione di dipendenza, venne poi acquistato dal Marchese di Cirò, Vespasiano Spinelli per ducati 22.200 comprendente i casali di Terranova e di Spezzano, da Pietrantonio Abenante. Nel 1642, venne elevato alla dignità di principato e gli Spinelli, come Famiglia, ne detennero il possesso con Terranova e Spezzano fino all’entrata in vigore delle leggi sulla feudalità (1806).

I nuovi ordinamenti francesi, con la legge 19 gennaio 1807, lo rendevano un Luogo, ovvero Università, nel designato Governo di Spezzano Albanese. Successivamente con il decreto istitutivo dei Comuni, 4 maggio 1811, continuò a rimanere nella giurisdizione di Spezzano.

 

Bibliografia

1P. G. FIORE da Cropani, Della Calabria Illustrata Opera varia istorica, Tomo I, per li Socij Dom. Ant. Parrino e Michele Luigi Mutij, Napoli, MDCLXI, p. 240;

2Abbate D. F. SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli, Tomo IV, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI (1796), p.9; Cfr. Francesco GALLO, I medici calabresi da Alcmeone a Dulbecco…Imprimitur, Padova 2013, p. 120;

3Lorenzo GIUSTINIANI, Dizionario Geografico ragionato del Regno di Napoli, Tomo IX, Napoli 1805, p. 137;

4 Giuseppe PIZZUTI, Famiglia Tarsia o di Tarsia, in http://www.nobili-napoletani.it/Tarsia.htm;

 

(foto di Luigi Bosso)

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica