Quella visita apostolica a Corigliano che scoprì preti infedeli al celibato
Giulio Iudicissa racconta i due mesi vissuti in città dal Mons. Andrea Perbenedetti nel lontano 1629. Fu inviato dal Papa dell'epoca per accertare la consistenza numerica e qualitativa del clero, gli introiti, il rapporto con i fedeli

di Giulio Iudicissa
Dal 23 febbraio al 6 aprile del 1629, fu, a Corigliano, Mons. Andrea Perbenedetti, Vescovo di Venosa. La sua non fu una visita qualsiasi, dettata da motivi di amicizia o di curiosità. Fu una visita apostolica, quindi, di eccezionale rilievo, soprattutto, per la considerazione di cui l'incaricato godeva in ambito pontificio. Essa avrebbe dovuto accertare la consistenza numerica e qualitativa del clero, gli introiti, il rapporto con i fedeli.
Il paese conta, all'epoca, intorno a 5600 abitanti e da poco alla signoria dei Sanseverino è subentrata quella dei Saluzzo.
Dalla relazione finale emergono alcuni dati, che offrono uno spaccato interessante della chiesa locale e della società del tempo. Il numero dei sacerdoti è abbastanza alto, ben 35, e tutti economicamente agiati. Si pensi che in parrocchie, ridotte, oggi, al lumicino, come quelle di San Pietro e di Santa Maria, officiavano ben 24 sacerdoti, 12 per parrocchia. Tra di loro risulta anche esserci una equilibrata suddivisione di compiti, per cui alla celebrazione della Messa ed alla Confessione, si aggiungevano la pratica dell'Unzione degli infermi ed, in una certa misura, la Catechesi.
Purtroppo, l'esame dei singoli sacerdoti mette in luce una preparazione culturale e spirituale non proprio adeguata, di certo, conseguente anche alla carenza organizzativa e pedagogica del seminario rossanese.
Si riscontrano anche delle situazioni delicate: sacerdoti, che bevono un bicchiere di vino di troppo, o sacerdoti notoriamente "concubinarii" o che, più semplicemente, "vivono alla libera e tengono pratica disshonesta con donne". Per fortuna, pochi.