Francesco Forciniti: «Cara Baker Huges, noi valiamo di più»
L’ex deputato del M5S: «Accettare senza garanzie e riserve sarebbe stato un po' come firmare l'atto di vendita della propria casa»
CORIGLIANO-ROSSANO- Anche Francesco Forciniti, ex deputato con in Movimento 5 stelle, è intervenuto sul caso Baker Huges: «Il paradosso più clamoroso della vicenda Baker Hughes è che l'unico motivo per cui si voleva consegnare il Porto di Corigliano a questi signori era costituito dal fatto che in cambio avrebbero portato dei posti di lavoro, eppure nessuno sapeva quante persone avrebbero effettivamente assunto, e l'azienda americana era sempre stata molto attenta nel tenersi le mani libere, non prendendo impegni ufficiali e rifiutandosi di presentare piani occupazionali o qualsiasi altra forma di documento dal quale si potesse evincere quanti posti di lavoro avrebbero dato».
L’ex grillino continua: «Se il lavoro era la contropartita per l'occupazione di una nostra pregiata infrastruttura pubblica, accettare senza garanzie e riserve sarebbe stato un po' come firmare l'atto di vendita della propria casa lasciando in bianco lo spazio per inserire successivamente l'importo del pagamento.Non solo: la totale assenza di un piano regolatore portuale e l'inesistenza di un benché minimo documento programmatico sulle prospettive del porto avrebbe tolto al territorio qualsiasi garanzia sulla possibilità di far convivere altri investimenti e altre attività con gli enormi capannoni della Baker Hughes».
Forciniti è dalla parte di Flavio Stasi: «Il sindaco, che in passato ho criticato per la sua eccessiva morbidezza sulla questione ma a cui oggi riconosco di avere fatto il suo dovere di rappresentante del territorio, si è semplicemente limitato a chiedere il rispetto delle leggi e delle prescrizioni urbanistiche, che non possono essere derubricate a meri formalismi di poco conto come l'ammiraglio Agostinelli ha detto ieri. E trovo gravissimo che un uomo delle istituzioni possa manifestare una tale insensibilità verso quelle procedure e quelle norme che differenziano uno stato di diritto da un'aristocrazia nella quale una cerchia ristretta di potenti dispone a suo gusto e piacimento della cosa pubblica. Senza contare che la Baker Hughes non ha nessun altro stabilimento al mondo sulle banchine di un porto, ma nonostante ciò si è sempre rifiutata di "abbassarsi" a concertare con il territorio le condizioni dell'investimento, e ha sempre assunto l'atteggiamento arrogante e protervo di chi era disposto a venire qui solo se gli avessero permesso di fare i padroni imponendo le loro condizioni su tutta la linea».
L’ex deputato, infine, conclude: «A conti fatti gli estremisti non erano quelli del comitato civico, non erano gli amministratori del Comune che pure hanno provato a dialogare, ma erano proprio quelli della Baker Hughes, a cui è bastato ricevere la più timida e semplice istanza del territorio di concordare le condizioni dell'investimento per scappare via a gambe levate. Per la serie "o vi fate trattare come una colonia di disperati, o non se ne fa nulla". E mentre oggi il carrozzone politico e sindacale si leva con una voce quasi unanime nel pregare addirittura l'azienda di ripensarci, io vorrei offrire un umilissimo consiglio non richiesto soprattutto al presidente Occhiuto e all'ammiraglio Agostinelli: anziché venire qui a tentare di rifilarci cattedrali nel deserto totalmente scollegate dall'economia del territorio, senza garanzie occupazionali e senza strumenti di programmazione, fate ciò che non avete fatto fino ad ora: preparate il piano regolatore del porto e soprattutto portateci il progetto di collegamento con la ferrovia e con la vicina zona industriale, affinché il porto possa finalmente diventare strumento a disposizione di tutti, e non proprietà privata al servizio di pochi padroni con i verdoni. Che mi piace pensare non siano ancora sufficienti a comprare la dignità».